Pègaso - anno I - n. 9 - settembre 1929

356 M. CROISET, Eschyle difetto, se mai, non la sua virtù di poeta. Questa gra.n febbre contem– poranea, massime francese, di presentare continuamente a teatro situa– zioni nuove e inaudite, non credo voglia significare una fioritura ec– cezionale di poeti drammatici : di giocolieri o prestidigitatori dramma– tici, piuttosto. L'argomento, per se medesimo, ,è fuori della. poesia. Non esistono elementi drammatici e poetici di un mito se non in quanto questo mito ,sia stato drammatizzato da un poeta. Ed è singolare che il Croiset, ricercando elementi drammatici nei miti drammatizzati da Eschilo, non si accorge che codesti elementi egli già li guarda con l'occhio- di Eschilo; e che se fossero sboccati in altre forme di poesia, per es. epiche, in queste altre forme egli li vedrebbe, e con altro oc– chio 1 ). Due argomenti perfettamente identici, anche se espressi, e que– sto è anche più singolare, in parole quasi identiche, possono risolversi in due espressioni poetiche perfettamente diverse. Nell'episodio di Olimpia e Bireno l'Ariosto tra-duce quasi letteralmente dalla decima delle Flroidi di Ovidio : leggete i due luoghi : sono due mondi, senza contatto. E At– tilio Momigliano avrà desolati i ricercatori' di fonti. E qui, del resto, si riconnette il problema, delle traduzioni. Allo stesso modo, uno stesso soggetto religioso, e, che più conta, uno stesso schema iconografico, può dare origine a due espressioni pittoriche perfettamente diverse: io ri– guardo, qui a Padova, nella Cappella degli Scrovegni, la Pietà di Giotto, e la raffronto con la Pietà di Pietro Cavallini nella Chiesa di S. Fran– cesco ad Assisi : ancora due, mondi : senza contatto. E Lionello Venturi avrà desolato i ricercatori di fonti e di tradizioni iconografiche nella storia- della pittura. Ma l'equivoco più grave non è nemmeno qui. Nelle parole sopra citate il Croiset diceva: « ,Spetta a Eschilo il merito di aver inse– gnato » ecc. Insegnato ? Che cosa ? Ma un poeta non ha mai insegnato niente a nessuno. Tecnica si insegna; non poesia. E in, quanto un poeta insegna e un pittore insegna, non poeti sono né pittori, ma, maestri di tecnica poetica e di tecnica,. pittorica. Di qui nasce l'errore funesto, e dell'errore le conseguenze funestissime in tutto il dominio della cri– tica d'arte, così poetica come delle arti figurative, architettoniche e musicali. Si confondono tecnica e poesia: e come la tecnica si può con– siderare in un processo di svolgimento e di perfezionamento, cosi anche la poesia. Questo libro del Croiset è, soprattutto, un libro sulla tecnica di Eschilo, come ce ne sono altri sulla tecnica di a.Itri poeti antichi : se non che proprio il gusto fine del Croiset, più volte, invece di aiutarlo a di– stinguere, lo ha portato a, confondere; e dove ha veduto un progresso di tecnfoa, quivi ha creduto vedere un progresso di poesia: e gli è sfug– gito, non ostante gli avvertimenti concreti che la stessa poesia di E,schilo 1) Di questo errore sono colpevole io medesimo in un mio vecchio libro sul Pro– meteo di Escmrn, che il OROISET ricorda con parole molto cortesi ; e qui ne facèio ammenda. E anche di un altro mio errore voglio fare ammenda, sulla composizione trilogica dei Prometei : della quale non mi pare più dubbio che il Prometeo legato dové essere il primo dramma e non il secondo. 1bltoteca Gino Bianco

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