Pègaso - anno I - n. 9 - settembre 1929

354 M. CROISET, Eschyle fondere o non distinguere sufficienteme!llte fra centro poetico e centro mitico e drammatico, di azione, che sono cose diverse. In ogni modo, proseguendo codesto centro, egli scopre raccoglie sottolinea coordina gli elementi vari che lo preparano e lo costituiscono. Preparare la, crisi, egli dice, è lo studio costante di Eschilo in ogni sua tragedia. Anzi, dice, ritardare la crisi. .Sta bene. Perché in questo ritardo tanto più si viene 1:,egnando quella grande semplicità lineare che è della maniera di Eschilo il segno più netto; è la strada maest:ra tagliata incisa scar– vata della sua poesia; altre vie laterali maggiori o minori, aperte o celate, vi confluiscono e vi conducono; contribuiscono esse medesime a scavarla più profondamente, a indicarne più decisamente il modo, la direzione, la necessità. Soprattutto la necessità religiosa. Questa è al sommo, sempre, del pensiero e della fantasia di Eschilo. Un cupo ter– rore religioso incombe su ogni sua tragedia: sogni, presentimenti, ora– coli, mafedizioni, propositi giurati di vendetta, ombre visibili e non visibili, grida e pianto di uccisi, canti di Erinni e di Moire, si leva,no dagli orizzonti più remoti ùel mitò, si avanzano si accumula.no si ad– densano nel cielo della tragedia, balenando livide luci, folgorando guizzi sanguigni, ululan'do minacce di tempesta. Un potere sovrumano e pau– roso è su tutto e ,su tutti. Ogni atto è sommesso a ciò che pare- arbitrio cieco, ed è volontà veggente, di codesto potere. E le persone sono come dentro una vertigine; fatte cieche esse da quella vertigine che le tra– scina e le travolge; onde commettono mali su mali, superando con in– giustizia giustizia, provocando con. giustizia ingiustizia, e tuttavia, sommovendo dai torbidi fondi di questa umanità lacerata e sanguinante nuove colpe e nuovi delitti. Tutta una fosca eredità di delitti e di pene risorge dalle generazioni passate; infierisce su le presenti; si protende su le generazioni avvenire. Qui -è, massimamente, il motivo di quello stile trilogico che Eschilo predilesse; di qui, anche, quella struttnra ciclopica di personaggi, Prometeo, Eteocle, Clitennestra, che non con- . sente finitezze psicologiche, ma solo una ossatura gagliarda;. e di qui quella impostatura quasi impudente di linguaggio, che Aristofane para– gonava a carri di guerra sovrapposti, cosi sovrabbondante e insieme così precisar battuta col martello e tagliata con l'ascia, e così singolare di ·toni e .di accenti che un solo verso di Eschilo lo riconosciamo tra mille come un verso di Dante. Tutto questo il Croiset vede assai bene e dice assai bene, anche se non esplicitamente e non conseguentemente: perché non la crisi im– porta per se medesima,, come egli n:iostra di credere, ma ciò che alla crisi conduce. La crisi è punto d'arrivo del mito, non centro e accento · di poesia. Questo bisognava e bisogna distinguere più netto. Per esem– pi<.',_diuna tragedia che abbia per argomento il mito di Agamennone, il centro dell'azione, la crisi, non può non essere la uccisione di Aga– mennone : dunque, un centro comune a tutti coloro che svolgeranno in tragedia codesto mito; e dunque, se comune, non sarà possibile e non sarà lecito ricercare in codesto centro il segno speciale di quel tale poeta e di quella tale tragedia. Chi guarda costi preclude a se medesimo la vista di ciò che più importa guardare e distinguere. Di fatti la scena di Cassandra è generalmente considerata un episodio bellissimo, ma un BibliotecaGino Bianco

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