Pègaso - anno I - n. 9 - settembre 1929

Le delizie del grammofono 349 riprodotto. Oi 1 sono, _ è stato osservato, cantanti che guadagnano e can– . tanti che perdono nella riproduzione grammofonica, come ci sono nel · cinematografo attori «fotogenici» e non fotogenici. Non sempre le cele– brità del teatro lirico hanno successo nel fonografo. ,Si può p31rlare, çi assicurano, di voci « fonogeniche» e non fonogeniche; e si può intanto osservare come nel grammofono le musiche di jazz, con le loro nasalità, cacofonie, intrecci di voci altalenanti, sincopi, rumorose sghignazzate e interruzioni figurino meglio che nell'orchestra; e le voci anglosassoni meglio delle latine. Ma chi non. ha fatto la stessa osservazione, per arti riproduttive più umili, come la fotografia ? A me ,è accaduto alle volte di andare in un museo per vedere l'originale di un'opera che mi aveva attirato in foto– grafia, e tornarmene deluso: la fotografia era più bella dell'originale. Lo stesso mi è accaduto per certi paesaggi, o per certi monumenti. La foto– grafia, ,con il suo bianco e nero, aveva dato ad essi certi rilievi e certa precisione che mancava negli originali . .Se la fotografia a colori non si è molto sviluppa,ta in questi tempi, non credo si debba alle difficoltà tecni– che ed al costo. Credo anzi che nella maggior parte dei casi continueremo a,preferire la fotografia fatta di soli valori plastici, alla fotografia a co– lori, appunto perché meno identica all'originale. In fondo ciò che ci piace nella fotografia non è la verità, ma una certa trasformazione. Qui è necessario accennare a questo problema cosi curioso suscitato dagli strumenti meccanici per la riproduzione artistica, che si sono moltiplicati proprio in questi ultimi anni.· Il punto di partenza degli inventori è stato sempre il desiderio di riprodurre, quanto più esatta– mente potevano, il vero (fotografia, cinematografo, grammofono, radio– fonia, ecc.); ma una volta scoperto il principio, trovati i mezzi oppor– tuni, raggiunta la perfezione ci si ,è accorti che la scoperta stava pren– dendo la mano allo scopritore; essa mostrava, nelle mani dell'uomo, delle capadtà deformative insospettate, che diventavano poi una ragione del loro successo e del loro sviluppo ulteriore (almeno per un certo numero di persone di gusto). La frase di quel tale fotografo, che si rifiutò un giorno di fare il ritratto d'una signora, perché non si sentiva nella disposizione d'animo necessaria, è significativa, nella. sua forma estrema. Essa esprime il fallimento del vffi'ismo dell'arte meccanica fotografica, come la proposta di Stravinschi di scrivere dei pezzi per grammofono distrugge l'ideale verista di questo. Se al fotografo è permesso, come ad un pittore, di non sentirsi in– spirato non ben disposto, che differenza passerà fra lui e il pittore ? Nessun~. Il fotografo sarà un pittore d'un genere diverso, che, invece di usar~ come strumento il pennello e i colori, il lapis o lo spumino, adopra la camera oscura, le lastre impressionabili e le carte da viraggio. Più lo strumento si •è complicato, e più ha lasciato passare fra le fessure di questa complicazione, il temperamento personale, cioè l'arte. Una volta il « dagherrotipo » poteva essere un fatto meccanico; ma andate oggi a visitare una esposizione internazionale di fotografia, e vedrete da ogni lato mostrarsi le differenze di coltura, di età, di gusto, di paese, di person.,a. La fotogra,fia non è più un accidente meccanico, esige una BihliotecaGtno Bianco

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