Pègaso - anno I - n. 8 - agosto 1929
Antonio Ranieri e i Toscani 165 certe costruzioni storiche forniate sul vuoto 1 ). Ma laddove il Cap– pooi ragiO!Ilava, COIIl -serena pacatezza e con giuste argomentazioni, le obiezioni' che gli ·pareva meritasse la Storia del Ranieri, il Nic– colini, com'era suo costume, si diffondeva in elogi sesquiped'ali, in ,celebrazioni liriche e in sanguimose invettive contro i nemici co– mmi. Le lettere sue al Ramieri, assai numerose, finiscono col pro– durre un senso di nausea e di noia, tante vi sono, e tamto ingiuste, le blaterazioni contro i tempi nuov.i e gli uomini nuovi, cOIIltrole idee liberali, cootro le idee cattoliche, contro il Papato, cootro tutta la vita a lui contemporanea. L'invettiva ha qua e là tratti pitto– reschi, per energia e realismo di linguaggio, ma si sente troppo bene che non procede da una vera pa;ssione politica (quale ardeva, per esempio, nel Guerrazzi e nel ,Montamelli), e che è il prodotto-di ma ideologia da tempo superata, la bizza di un piccolo nume che si sente irrimediabilmente spodestato e che non sa compiere lo sforzo di adeguarsi ai tempi. Come non ricordare la bizzarra figura di questo poeta imbalsamato e imparruccato, quale la vide il Mar– tini giovinetto, nel '58, e quale ce l'ha dipinta,, :iJn una pagina memo– randa delle Confessioni e ricordi ? Se Niccolini loda Ranieri è so– pra tutto per sfogare la sua rabbia contro gli storici della scuola liberale. Quando in una conversazione fiorentina m «pedante» (il Capponi ?) chiama il Ranieri «.muratoriano », Niccolimi non tanto pensa a difendere l'amico quanto a offendere il Troya 2 ) : .... Il vostro censore è un grande amico del Troia, e vi chiama muratoriano, come se il tenere le opinioni d'uno dei più grandi uomini che abbia. avuto l'Italia fosse un delitto. Che volete farci, mio caro amico! ,Siamo in un secolo nel quale vi è pedanteria, astruseria, reli– gioneria, e nell'Italia scolano tutte le fetide acque che Dante fa, s'io non erro, gocciare dalla statua di Nabucco nell'Inferno. A me quella 'l'roia è sempre piaciuta poco e mi fa veramente nausea il sapere da voi. che tutti siano costà obbligati a cibarsi di quella tristissima carne. L'odio letterario del Niccolini per la «troia» napoletana (tanti cubiti, come storico, al disopra di lui) è ben piccola cosa a petto a quello che cominciò a nutrire cootro ,Michele Amari, che proprio allora aveva pubblicato il suo libro sul Vespro Siciliano, dal quale usciva sma;ntellata la tesi niccoliniana della coogiura di Giovanni da Procida. Il poeta diede in smanie grandissime e cominciò a pres– .sare amici e di,scepoli perché 3/dducessero validi argomenti in so- 1) Sulla inconsistenza della scuola ghibellina e sulle amenità storiche del Niccolini, del Vannucci, del Ranieri, del La. Farina, si veda la lucida e persuasiva esposizione che ne fa il CROCE nel cap. VII del voi. I della Storia della st-Oriografta italiana ne! seo. XIX. 2) Niccolini a Ranieri, da Firenze, 21 luglio 1842. BibliotecaGino Bianco
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