Pègaso - anno I - n. 8 - agosto 1929

G. Doria vano alla miglior conoscenza del «clima)), come oggi elegan~emente dico1110 in cui si preparò la pacifica rivoluziooe del 27 aprile. Ch~ cosa fosse allora la Tosèana (e per essa i due maggiori centri di cultma, Firenze e Pisa) è troppo noto perché convenga qui ripetersi. Era indubbiamente una residenza. idillica, e tale doveva apparire in ispecial modo agli esuli napoleta111i,che l'avevano popo– lata al tempo della reazione borbonica. Le lettere dirette al Ranieri da Leopoldo Pilla, l'illustre geologo napoletano che ÌIIlsegnava. a Pisa, e poi cadde a Curtatone, sono veri e propri inni in 0111ore della Toscana e sono la oontroparte degli epigrammi che il popolo to– scano non risparmiava al bo111arioGra111ducaquando il prezzo di qualche derrata saliva oltre il desiderio dei co111sumatori. Così il Salvagnoli poteva scoccare a Leopoldo la frecciata : Paterno regno è il tuo, noi siam tuoi figli : Regnò qui pur Saturno, e tu· il somigli, e un anonimo affermare gravemente, come si legge nelle aggiunte del Gotti ai Proverbi del Giusti: quando il popolo governa:va si pranzava e si cenava; poi venuta l'altra gentP si pranzava solamente; . con la casa di Lorena non si pranza e non si cena. Quanto alle condizioni della cultura il De Sanctis 1 ), pur co– gliendo felicemente un carattere 111egativo,che tuttavia persiste, della vita spirituale toscana, esagerava alquanto 111,ell'affermare che Firenze «.era come un uomo che si trovi 1nobile per la grandezza dei suoi a111tenati... era un passaito illustre immobilizzato e rego– lato. Cosi uno ,che rubbia molti libri e 111On li legge, pure li dispo!Ile nell'anticamera in or,dine, sì che facciano bella figura. Firenze ser-. bava il passato in elegante mostn,J : era la città dell'Accademia della Crusca, delle Pinacote0he e de' Musei. Tutti vi andava1110adl ispi– rar,si ÌIIl quelle memorie, oome vanno gli ,artisti a Roma; ma la vita non vi si svegliava. Firenze credeva che il mondo si fosse arre– stato là dov'essa s'era fermata.» · Il ritratto è pre ciso, oh e non fa una grinza; ma no111 è quello della cultura :fiorentina, ben.si di .quella romana, che tale fu, se non peggio. Il De San ctis, pa rlando di Firenze, teneva gli occhi sul Niccolini, che è appunto l'oggetto del suo scritto, e che appunto era il camrpfo111e massimo di chi si fossilizza nel passato e noo vuol escirne a nessun costo. Ma non doveva dimenticare che una grande forza spirituale, il Capponi, e una grande forza pratica, il Vieus- 1) La letteratura italiana nel,sec. XIX, ed. CROCE, p. 545. Biblioteca Gino Bianco

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