Pègaso - anno I - n. 8 - agosto 1929
254 A. MORAVIA, Gli indff!'erenti cati. Ma insomma mi pare che questo scrittore giovanissimo sia rimasto a mezza strada tra i due naturalismi. Nessuna eco in lui della polemica che anjmava segretamente il naturalismo democratico : vizi e virtù sono per lui davvero prodotti naturali, come zolfo e vetriolo; ma è vero anche che egli non sconfina mai nella zona morbida della psicanalisi, i suoi personaggi non fanno né abuso né uso di sogni, in lui nessuna illazione arbitraria dagli istinti alla volontà, dal corpo all'anima. Quando il Mo– ravia rifiuta la taccia di ulissismo e l'appellativo di joyciano, è nel vero. Tre delle quattro figure che nel romanzo importano : la vecchia Maria– grazia vana verbosa e gelosa; la figlia Carla che, pur di cambiare, si dà a Leo, per noia; e questo Leo libertino animalesco - sono tre figure r.itagliate in un naturalismo pesante, pedante, piuttosto di stampo te– desco, ma certo lontane da ogni psicanalisi. Troppa poca psiche in que– sti signori, per poterci tentare su un'analisi sia pure freudiana. Resta il quarto personaggio, il giovanissimo Michele. E se da principio Michele somiglia un po' un dilettante, un posatore, o addirittura un manichino dell'indifferenza, e il romanzo, accentrato in lui, stagna, più avanti, quando si deciderà all'azione, l'abulico Michele sembrerà portato via da un'aria dostoievskiana. Le pagine che lo descrivono avviato alla casa di Leo, per ucciderlo, e lo scenario fantastico ch'egli intanto prevede,, nel tempo; l'uccisione, il tribunale, il processo; sono non solo le più belle, ma le più promettenti del libro; quelle da cui probabilmente il Moravia ricomincerà. Abbiamo ricordato Dostoievski, s'è parlato di naturalismo; potrem– mo aggiungere che ci sono soene realistiche di una evidenza persino repulsiva; interni, ambienti simmetrizzati con un gusto metafisico ; gesti còlt.i e fermati, con un sorriso tra ironico e allucinato ; nudi di donna ritratti con gusto pesante, come nature morte; arrivi, partenze, incontri di personaggi, risolti con forse ironica banalità teatrale; insomma il Moravia sa trarre partito da tutto, sa valersi di tutte le tecniche e <li tutte le estetiche, tutto rapisce e impasta ;in un' unica prosa effi– cace e un po' piatta, con gesto franco, piglio certo; e la macchina del romanzo va avanti greve, peda.nte, ma. inesorabile come una livellatrice. In questo giovanissimo scrittore meravigliano il metodo, la tecnica, e la conseguenza con cui son perseguiti. Perché anche l'arte sua mera– vigli, e finisca di piacere, vorremmo più respiro, più aria; l'alito di una finestra aperta su questo chiuso maleodorante girone. In casa di Maria– grazia, pur di avvicinare una persona per bene, faremmo lega con la cuoca. Il Moravia dirà che lui non c'entra, che quella gente, d'altronde assai verosimile anzi vera, è proprio così; che lo specchio non ha co]pa dell'immagine che, riflette, l'eco della parola che ridice. E sta bene. Ma questa integrale oggettività, questa assoluta indifferenza in arte sono poi possibili ? Il primo atto di partecipazione, sia essa adesiva o repul– siva, ogni autore non lo compie nel momento stesso in cui sceglie a trattare questo piuttosto che quell'argomento, questa gente piuttosto di quella? Nel caso del Moravia altro si potrebbe aggiungere. Egli vuol sembrare uomo e scrittore provetto, di quelli che hanno già visto tutto hanno già fatto le tour de choses. Ma se la precocità dello scrittore è tal; BibliotecaGino Bianco
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