Pègaso - anno I - n. 8 - agosto 1929

A. l\IORA VIA, Gli indifferenti 2n3 noiata, e che, soltanto per << cambiare stato», diventa anch'essa amante di Leo. Mariagrazia ha anche un figlio giovanissimo Michele un gio– vinetto anormale, apatico, abulico, (quasi tutti gli epiteti pri~ativi gli si addicono) il quale sa la doppia tresca di Leo non o-lie ne importa nulla (è lùi l'indifferente che per estensione dà il' titolo ~l romanzo) ma tuttavia, spinto dalle circostanze, s'impone di vendicare l'onore della famiglia, spara contro il furfante due colpi di pistola; ma, com'è giu– sto, fa cecca; s'era dimenticato di caricare l'arma. Cosi il romanzo si chiude su questa prospettiva: Leo lascerà Mariagrazia la madre, amante matura, e sposerà Carla la figlia, amante giovane. Michele, il fratello vendicatore mancato, si aggregherà agli affari di Leo. A questi quattro personaggi che sono le vere persone del dramma, un quinto se ne ag– giunge; personaggio, per cosi dire, di comodo : tale Lisa che era stata amante di Leo, ora lo ,è di Michele, ed è lei a rivelargli. la tresca della· madre e della sorella. Come si vede, non c'è donna nel romanzo che Leo abbia risparmiato: la madre, la figlia, l'amica del figlio. Questa è la vera favola degli amori intercomunicanti. Pare che nell' Argolide siti– bonda, al tempo degli Atridi, non in quella reggia sacra ai tragici, ma in una modesta casetta borghese degna al più di un poeta epigramma– tico, una mattina all'alba sia corso questo dialogo tra una sorella e un fratello : Sorella: - Tu ami meglio di papà. - Fratello : - Me l'ha detto anche mammà. - La famigliola che il Moravia ra.ppresenta è ta– gliata sullo stesso panno. Quanto a sé, il Moravia non approva e non condanna: il suo c6mpito è quello di raccontare, di dare verità ed evidenza ai fatti; e lo assolve con scrupolo davvero esemplare. Egli si tiene ugualmente lontano dalla compiacenza immoralistica degli esteti di cinquant'anni fa, e dalla vo– lontà polemica dei naturalisti di allora. I quali dicevano si, in teoria, che la virtù e il vizio sono prodotti di natura, come lo zolfo e il vetriolo, ·ma nella pratica dell'arte loro erano ben lontani da questo agnosti– cismo, erano anzi carichi di fini ideologici, di torti da vendicare, di giustizie da stabilire; e quella stessa formula del vetriolo, apparente– mente cosi oggettiva, nascondeva molta passione, molta polemica contro gli « idealisti » e gli « esteti. » Il naturalismo integrale moralmente neutro o, peggio, indifferente, è, si, una formula di cinquant'anni fa, ma la si applica a dovere soltanto. oggi. I primi scrittori naturalisti furono naturalmente demQCratici•; paradiso per tutti, ma su questa terra; formula forse ingenua, ma umana. Oggi lo scrittore naturalista non chiede l'inferno o .il paradiso per nessuno : per tutti un biglietto circolare senza ritorno; ospedale, manicomio, camposanto. Freud con– tinpa Lombroso e, con l'apparenza di affinarlo, lo perverte. La ps,icana– lisi fruca ·con le pinze del determinismo in quei lembi dell'anima che ancora sembravano propri della coscienza e della volontà. Joyce è il romanziere di questo ultimo naturalismo come Zola lo fu del primo. Cosi il materialismo ,è in marcia; i limiti concessi alla volontà, all'ideale, alla libertà dell'uomo vanno via via riducendosi. In confronto di Freud il dissolvitore Lombroso ha ancora l'aspetto di un missionario laico, di un apostolo. Di fronte a Joyce, Zola è dritto e quadrato come un classico. Non caricherò le spalle del Moravia di tanto peso, di tanti signifi- · BibliotecaGm6 Bianco

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