Pègaso - anno I - n. 8 - agosto 1929
248 ITALO SVEVO, La novella del buon vecchio, ecc. Bisogna attaccarla a sé, mettendola sotto la campana di vetro d'un proprio pensiero educativo; bisogna moralizzarla, salvarla, salvare tutte le ragazze, salvare tutta l'umanità. E il vecchio ,scrive ,scrive, ammassa carte su carte, si .sfilaccia e si lambicca a· stabilire, dove abbia a comin– ciare l'educazione dei vecchi, affinché, illuminati e sani, essi siano il lume e la salute dei giovani. Lo •sforzo intellettuale consuma in lui tutto quanto non fu consumato dallo sforzo fisico. Il medico se ne spaveinta, gli chiede~ - Perché non lasci quel lavoro ? perché non cambi argo– mento? - Non può; è il suo argomento; deve concludere; non con– clude: e dopo qualche giorno lo trovano stecchito, con la penna in bocca . .finitezze straordinarie dell'intelligenza analitica in questa novella, e finitezze altrettanto nelle altre, che hanno tutte quell'apparenza un po' disordinata, un po' rilassata e indocile ai precetti e anche agli istinti della bella composizione, che troviamo, caratteristica, nelle ultime opere · di SvevOi,quanto più si affina e si sparge in sottili diramazioni il suo pensiero. E in tutte queste novelle torna « il suo argomento))' quello che non lo la;scerà più fino alla morte : lo stato di decadenza fisica del– l'uomo che invecchia o dell'uomo che ammala ed è simile al vecchio, per la dipendenza da ciò che ha perduto di attività vii.tale; in Vino generoso, novella che incomincia con alcuni ritratti e contrasti di caratteri degni dei più begli episodi della Coscienza di Zeno, c'è la notte cattiva, spa– simosa, pieina di medicine e di sogni opprimenti, d'un vecchio che si è permesso qualche bicchie['e di troppo; in Una burla riuscita, SIJll due fratelli celibatari, l'uno arrugginito in una vocazione letteraria rimasta oscura, l'altro un cardiaco dal respiro affaticato e dal sonno rumoroso. Di questo libro « l'ultima età dell'uomo, la vecchiaia, le illusioni, le manie, le fobie che essa comporta, son0i pressoché la sola materia)), scrive Eugenio Montale in una nota introduttiva precisa e p;reziosa per il collocamento del!volume nella nostra letteratura e nell'Opera dell'au– tore. Non sono1in quella nota taciuti i vincoli biografici di queste no– velle con l'autore stesso. A tali vincoli abbiamo accennato noi fin da ~ principio; ma in Una burla riuscita essi ci ·incuriosiscono forse di più « nei loro toni di un humoiir a doppio taglid)) (scrive il Montale), poiché toccano, sotto il duplice velame della ,finzione narrativa e di certi allu– sivi apologhi, alla vicenda letteraria dell'autore, agli spunti psicologici della sua lunga vigilia di -scrittore -ignoto, e agli spunti critici che si mossero cootro di lui. Una delle grandi bellezze di questa novella, che pure in alcune parti indubbiamente tira al prolisso, è l'.introduzione accorta degli accorati apo1oghi: i quali alla loro volta sono molto belli. Al primo apparire, quel moindo favolistico degli uccelletti che il protagonista nutre di mol– lica pare estraneo, e da letterato; ma a poco a poco, com'esso ritorna e risponde alle situazioni con una rettitudine filosofica che chiarisce e consola, sentiamo una -specie di tema universale svilupparsi da queste piccole creature, dilatare la grigia atmosfera del racconto, ingrandirlo. Cotesta filos0ifia vindice, che sta fuor della finestra, sempre a portata di pensiero, crea un tessuto a sé, di -finissima trama. La mente di -Svevo si compiacque sempre degli apologhi, questi aforismi in azione. Ne abbiamo uno, più elaborato, anche in questo volume, La mad~e, scritto BibliotecaGino Bianco
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