Pègaso - anno I - n. 8 - agosto 1929

i46 ITÀLO SvEvo, La novella del buon vecchio, ecc. Il ~ema della vecchiezza, è corteggiato da Svevo, studiato a tratti, balenato di raggi traversi, prima che egli entri risolutamente nel ro– manzo Il vecchione, che doveva essere l'opera maggiore dei· suoi ultimi anni e gli fu troncato dalla morte sui primi capitoli. Non ci rima,rue di questo romanzo che un breye troncone, e la confessione dell'autore che esso gli costa.va molta fatica. Pare fosse stato costretto a rifarne molte pagine, neJla vi lla di Opicina dove aveva trasconsa l'ultima estate: que– sto però non gli toglieva serenità e nemmeno socievole piacevolezza : e se l'eccellenza del frammento che ci è rimasto ha da essere presa, a testimonio d'una viistl.onechia,ra e fortemente concepita che egli avesse dell'opera sua, io capisco che, pur faticando, egli dovesse lavorare con– tento di sé. Quelle prime pagine del Vecchione a me paiono tra le più beUe, sostanziose, esplicite e in ogni ,senso ben fatte che possediamo di Svevo: esse davvero mi richiamano Balzac all'incedere sicuro di vastità in vastità rigogliosamente fiorite di riflessioni : e pur s' inllleStano sulla vita con un piglio di racconto agile e leggero che dà ad ogni cosa un tocco di naturalezza e di verità. In quelle poche pagine abbondano le cose preziosie. Leggo : « Il tempo fa le sue devastazioni con ordine sicuro e crudele, poi s'allontana in una processione sempre ordinata di giorni, di mesi, di anni, ma quando è lontano tanto da sottrarsi alla nostra vista,, scompone i suoi ranghi. Ogni ora cerca il suo posto in qualche altro giorno e ogni giorno in qualche altro! anno. È così che nel ricordo qualche anno sembra tutto soleggia.to come una sola estate, e qualche altro è tutto pervruso dal brivido ùe l freddo. E fr.eddo e privo di luce è proprio l'anno in cui non si ricorda niente al suo vero posto. » Pensieri d'oro anche se la legatura è talvolta di piombo: se v'ha, vorrei dire, quella primitività, quell'in– gegnarsi dell'espressione anche con poveri mezzi, che pur la salva dal deviar dal concreto, dal cercarsi altrove che in un vivo e immediato rappresentare. « Io non mi sento vecchio, ma ho il sentimento di essere arrugginito. Devo pensare e scriver1e per sentirmi vivo, perché la vita che faccio fra tanta virtù che ho e che mi viene attribuita e tanti affetti e doveri che mi legano e mi paralizzano, mi priva d'ogni libertà. Io vivo con la stessa, inerzia con cui si muore. E voglio scuotermi, de– starmi. Forse mi farò 1wche più virtuoso e affettuoso. » .Sarà virtù, co– :rnunque, tutta sua; non quella foggiata dagli altri « che quando l'ho indossata, mi opprime invece di vestirmi.» Propositi che poi inselliSi– bilmente cambiano natura, e rientrano nell'egoistico. Lo scrivere gli sarà una misura d'igiene, « cui attenderò ogni sera prima di prendere iJ purgante. » Già altra volta egli formulò questo proposito ; si trattava alJora di prepararsi a una cura psicanalitica. « La cura non riuscì, ma le carte restarono. Come sono preziose! Mi pare di non esser vissuto altro che quella parte di vita. che descrissi. » Quale altra analisi vor– reste aggiungere a questa, già così fine e precisa? Tutt'al più citereste Freud, che è già citato : continuando ad avverarsi quello che io già notavo di .Svevo, che mentre egli fa le viste di ribellarsi al freudismo, n'è tutto impregnato. Ai riti si ribella, al goffo e macchinoso apparato magico; non a,l filo di luce che egli ha trovato colà per veder dentro all'uomo. Il prota,gonista del Vecchione è sempre quel tale Zeno della BibliotecaGino Bianco

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