Pègaso - anno I - n. 8 - agosto 1929
240 G. CENA, Poesie edite e ir,iediteecc. versi che fanno pensare a un Praga, a un Betteloni, e anche, per un ri– cordo recente, a un Saba. Ma basta giungere alla terza strofa per leggere: Macero 'l viso e gli occhi grandi e intorno al viso smunto più folta, più nera la chioma ..:. ch'è un _ritratto d'un romantico di gusto classico. Alla lettura delFintero poemetto, l'impressione non muta, ché l'al– tei;narsi di questi due toni di stile è pressoché costante, con prevalenza di quello sostenuto e improvvise e momentanee rivalse di quello fami– liare. Solo in qualche componimffllto l'equilibrio si stabilisce a scapito del linguaggio, diciam così, illustre, ma con reale guadagno poetico; il che vuol <lire che la vena del Cena, quella schietta e genuina, tende piuttosto a, un tono raccolto e serenamente malinconico, ed è d'una qualità intimamente familiare. Si veda il sonetto X della, raccolta, ch'è per questi motivi tra i più belli : · Mamma, questa d'ottobre cosi gaia giornata, sembra d'una primavera ultima .... dov,e la trepidante e raccolta malinconia del tono non è turbata né dal– l'inversione al primo verso né dagli enjambeme.nts, che pur tanto spesso ricorrono, quasi a far più parlato il discorso, nei versi del Cena. Tipico, per quel che si diceva più su riguardo allo squilibrio di questo s,tile poetico, è il componimento che comincia: 1 Elll'era calma, gli aliti si leni dove si trova una quartina nella quale i due elementi di questo squili– brio cozzano vivacemente: Tacque prostrata nell'abbattimento: poi soggiunse : « Ma tu non credi, figlio! Lo so. Ancor mi dài questo tormento .... ii Io tacqui tuttavia né mossi ciglio. (< Ancor mi dài questo .tormento>> ch'è frase del discorso familiare s'urta con l'atteggiamento descritto con le parole dell'ultimo verso, let– terarie, e duramente accentate. Forse questo modo d'avvicinarsi ai poeti può parer minuzioso, in un momento in cui la critica va ancor ricercando romanticamente « i mondi >>e costruendo « personalità» ·che poi risultano fuori dalla let– tera, e appaiono bellamente campate in aria, miracolosi a.reostati; ma, senza dire ch'è opportuno ormai reagire a tal genere di critica, resta pur sempre vero che non v'è chiave o «spia» migliore di questa per pene– trare nella personalità del poeta, andando diritti, con assaggi ripetuti e incalzanti, dalla parola alla cosa, dalla lettera allo spirito. Abbiamo accennato, in principio, agli ideali dell'artista: la ,sua proclamata sem– plicità. Ma come si procede nella lettura, e da Madre si passa al poe– metto Homo, attraverso le raccolte In umbra ,e Nubi e sogni, s'assiste a un progressivo (ci si passi la frase) congelamento parnassiano•. la poesia si fa sempre più descrittiva; il simbolo cerca di farsi corpo' at- BibliotecaGino Bianco
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