Pègaso - anno I - n. 8 - agosto 1929

LETTERA A S. E. GIUSEPPE BELLUZZO MINISTRO DELL'ISTRUZIONE. Ella, Eccellenza, è un uomo di coraggio, e anche per questo bisogna lodarla. Dalla costituzione del Regno non s'era mai veduto un ministro dell'Istruzione dichiarare in Parlamento il suo pensiero sull'arte con– temporanea. Anzi ali'audacia della novità ella ha aggiunto tanta foga e franchezza, che è sembrato si volesse addirittura alleggerire la co– scienza da ogni sospetto di complicità coi traditori della tradizione : tra– ditori, i più~ in buona fede, compresi quelli artisti scrittori « dei quali (ella ha detto) taluni sanno adoperare la penna meglio del pennello o della stecca, ed altri non sanno usare bene alcuno di questi strumenti. » Sono in buona fede perché questi artisti scrivendo difendono l'arte pro– pria o almeno la propria, piccola o grande, autorità : quello cioè che hanno di più caro; e lo stesso Codice di procedura penale toglie valore alle testimonianze degli ascendenti, discendenti e collaterali dell'impu– tato perché l'affetto di consanguinei chiude loro la vista della verità. E poi, Eccellenza, di scrittori in aperta polemica coi propri contemporanei se n'è veduti assai di rado tra i veri pittori e scultori. Gli scritti di Leonardo e di Michelangelo, di Benvenuto e di De– lacroix sono stati pubblicati d€Cenni e anche secoli dopo la loro inorte. Lettere agli amici, confidenze ed esperienze dell'arte propria, giudizi sugli altri o « semplice discorso della vita mia» come scriveva il Cellini al Varchi, quelli gittavano sulla carta o dettavano a un loro garzone per memoria o per conforto proprio, senza pensare a piegare :dalla loro col peso e con l'incanto delle pagine l'opinione dei clienti e dei potenti. Raffaello e Tiziano, Veronese e Tintoretto, Rembrandt e Velasquez, Tie– polo e Goya, Guardi e Fattori, Cremona e Manet avevano altro da fare che articoli e polemiche. Viceversa, i dipinti del Vasari o del Fromentin, scrittori maestri, stampati, pubblicati e lodati anche da vivi, non sono più che uno sbadiglio. EUa che difendeva da tanto alta tribuna la tradizione, poteva dunque appoggiarsi addirittura alla storia e di– chiarare che di regola penna e pennello non hanno di comune, nono– stante l'appa,renza, nemmeno l'etimologia: difficili da trattare l'una e l'altro, e a conoscere bene uno solo dei due non basta la vita.' Ma il punto capitale della sua accusa è stato, il confronto tr,- « i pochi artisti di valore cui va il merito di non aver fatto dell'arte un commercio ma un ideale cosi alto che a uno a uno essi muoiono indi– genti, mentre si arricchiscono i compratori delle loro opere» e gli agitati novatori che « pretendono di mettere l'etichetta di nuova arte italiana a quella che è una brutta mercanzia d'importazione.» BibliotecaGino Bianco

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