Pègaso - anno I - n. 7 - luglio 1929
La Stella del Nord 79 La signora Celeste, ancora sofferente a cagio111e di quella febbre che l'aveva consumata per quar31Ilt'otto ore di seguito, cedette alle grandi insistenze del conte Roberto, e cantò, acoompagnandosi sul b31Iljo, una c31Ilzoneargentina. Era un tango appassionato e lan– guido che terminava con u111 grido d'amore e di morte, e che suscitò negli astanti la visione di uno di quei drammi crudeli che si svol– gono ai confi111i della pampa, all'ombra d'una fazenda battuta da gauci armati di lu111ghi e ricurvi coltelli. La voce della signora Ce– leste era :flebile, ma dolcissima e giova111ile;e poi essa mise t31Ilta passione e verità Ìlil quel canto che tutti 111e furono estasiati. Il suo viso pallido s'era accalorato, tingendosi del soave colore delle peo– nie. Vestiva u,n abito lilla, non proprio dell'ultima moda, ma leg– giadro; e, fosse merito di quell'abito o della grazia di chi lo in- . dossava, sarebbe stato difficile ad u111a giov31Ilemadre, nella circo– stanza di cui discorriamo, far dimenticare di più i pochi capelli bianchi che pure le impolveravano leggermente le tempie. Si venne 'poi ai fatti pratici, e poiché il maggiore Iupiter pareva impaziente di mostrare al conte Roberto, a Marcello e 3/Ilche a Massimo i làvori da lui iniziati Ìlil montagna e di dar loro la prova lampamte che il minerale veniva su dallo scavo come l'acqua viene su dal pozzo, basta tuffarci la secchia, stabilirono che la mattina seguente, .se il tempo fosse rimasto al bello come prometteva, avrebbero fatto, i due Pepi e i ,due Iupiter, un sopraluogo, p-artendo di buoo'ora per tornare prima di buio. E solo il maggiore Iupiter sarebbe rimasto lassù, 111el caso che le circosta111ze lo richie1essero. Il conte Roberto s'impegnò di mandare una staffetta al fattore, perché facesse tro– vare sul posto gli sterratori, e cosi si separarono con la più schietta cordialità. Gli ospiti, ormai più che ospiti in quella casa, furono· riaccompagnati al cancello; e nell'attraversare il giardino, i d'ue fidàniati, che non erruno mai rimasti soli un minuto, poterono scam– biare in fretta qµalche parola. Egli oercò di prenderle. una mano, ma Alessandra lo respinse colll veemenza. - Terribile sig111orinaAlessandra! - mormorò egli allora c0111 u111 sorriso ironico : - Ieri nemici, oggi legati per tutta la vita. - Non se ne vanti troppo, - gli rispose Alessandra fredda– mente: - No111 sono ancora sua moglie. - Lo so, lo so, - disse Marcello : - Ma 1110n ci daremo almeno del tu aspetta111doche tu lo sia ? - Non è detto che io debba esserlo. - Quanto a questo, - ribatté Marcello, - non è neppure detto che io debba· essere tuo marito. Addio Alessandra, - soggiunse poi ad alta voce, nel prendere 00111gedo da lei. - Ohe stupido! Cosi mi fa male! - esclamò Alessandra, soffian- dosi sulle dita. Oh, pardon: mi ero dimooticato che ora porti U111 anello. Bibt.ioteca Gino Bianco
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