Pègaso - anno I - n. 7 - luglio 1929
La Stella del Nord 73 XLV. Nel varcare il cancello, il maggiore Iupiter scrollò di dosso tutti i pensieri e le fa,ntasie che lo avevano accòmpagmat-0 lungo la strada, , e decise di affidarsi alle circostanze, rimettendo sé stesso, le mi– niere, Alessandra e la felicità di Alessa,ndra nelle ma,ni di Dio. Cosi operano tutti i savi, salvo i generali che poi perdo1110 le batta– glie. Ma, entrato i111 casa, trovò subito una 111uova cagione di scora– mento che gli suggeri i più funesti presagi. La signora Celeste era gravemente ammalata. Senza che nessU1110 l'avesse veduta uscire, era rientrata di prima sera tutta scossa dai brividi d'una gran febbre; aveva trovato aippena la forza di chiamare Sera,fì.111a e di buttarsi a letto, gemendo che guai se avessero chiamato u111medico e che l'unica sua speranza era di trovare in una subita morte la libera– zio111e d~lle sue soffer,enze. Questo gli fu detto da Alessandra senza dargli nemmeno il tempo di sfilarsi il cappotto ; e ad Alessandra l'·aveva riferito Serafillla, che era stata la sola testimone di quei deliri : poiché ora la signora Celeste pareva immersa in un profondo sonno, e a chiamarla, a toccarle il viso, a scuoterla, non dava segno di vita. Era viva però: si ved'eva respirare, ora ~ffannosa ora fi,oca, e di quando in quando s'udiva a,nche un lamento appena percetti– bile fuggire d'alle sue labbra. Maledicendo la sorte che gli gettava sulle spalle quest'altro peso, il maggiore Iupiter s'affacciò alla camera dell'inferma, e la prima cosa che gli saltò agli occhi fu il vecchio banjo di Paramaribo, che non era più appeso al muro, ma posato ai piedi del letto. Non poté a,n111etterenessuna importanza ad u111 fatto insignificante, ma quello strume111to e più ancora la macchia vivace dei suoi nastri sparsi sulle coltri gli suggerirono il pensiero, strano in simile con– giuntura, di u111a festa mascheràta; e, per un attimo, egli vide la signora Celeste sotto il curioso aspetto di una balleri111aestellluata dai fumi di una leggirera ebbrezza alla fine di u111'ultimanotte di car– nevale. Le ·posò una mano sulla fronte, e, sentendo che noo era rovente, ma soltanto tepida, ne provò un cert-0 sollievo. Si trattava forse d'UIIla delle soliti crisi nervose, alle quali essa andava soggetta da qualche tempo, e per le quali 1110n esisteva miglior rimedio che u111 buon sonno. In ,questa per~uasione, di cui mise a parte i suoi figli, egli scese le scale, raccomandando a tutti che la lasciassero in pace. Con tutto ciò il pra,nzo fu malinconico, parlarono poco e sotto– voce, e quando Serafi111a ebbe sparecchiata la tavola il maggiore Iu– pHer pregò Benito di ritirarsi nella sua camera : di lassù, gli spiegò, avrebbe potuto dare l'avviso nel caso che la mamma si fosse sve– gliata; ed egli inta,nto avrebbe detto a Massimo e ad Alessandra BibliotecaGino Bianco
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