Pègaso - anno I - n. 7 - luglio 1929

Dondo campana, è 1norta Bibbiana ! 37 Anche i lucchesi mi facevano grande $pavento. Erano bianchi e menci, con la testa .pelata, CO\Il certe voci.Jllegarhate da bambini e l'epa molliccia, quei poco giovarecci messeri. In tal modo li, immaginavo. Però, per simpatia, ogni persona sudicia e dispregevole mi pareva un lucchese. Così, 3Jllche pei pae– si selciati, quamdo sul mezzogiorno, d'estate, vedevo rincasare, uscendo dagli uffici, certi tipi sudati, disfatti e molliconi, che sof– fron di culaja e perdono i ,pantaloni, volevo scappar via perché Ini facevano più paura dei malandrini di notte; e quell'ora l'avevo battezzata: l'ora dei lucchesi. Ma mi vergognavo di spiegarmi e no_n l'ha saputo mai, fino a ora, nessuno. 1 Quando andavamo a passeggiar con l'Assunta per la campagna, io m'ingegnavo subito con mille maniere e sotterfugi a non farle venire in mente il suo gioe-o prediletto. A poco a ,poco me n'ero disamorato. Però lo vedevo venire con una specie di tremore, come quando si vede a~anzare un cielo da temporale eh~ ogni cosa, sotto, rimane come trafitta. Avanzava Bibbiana. E difatti, quando noi, tra le ruzze, si principiava a scaipl()areed essa disperava, acciabat– tando, di tenerci dietro, ci richiamava con una voce che pareva un lamento straziante. E noi, volta11;1dod, la vedevamo forma nel mezzo della via con quelle gambe stralinche che parevano arcolai, dime– lllandosi tutta a ~cossoni. - Venite, venite! - urlava - Si fa « dòndo campana .... >> E io cercavo di avertere gli occhi da quella veduta, per paura .che si accasciasse con un urlo lungo come quello d'una sirena da 1 opificio, perché soffriva di mal caduco. E, ragazzetto protervo, mi rimpiattavo dietro a un albero, posteggiandola, finché non se ne ritornava addietro borbottando : ~ Poi, tutte le dprensioni sono mie .... Allora mi mettevo a .pilucc_ar la prima uva che piaceva, anche se un po' aspretta. ·Per quella sera non avevo appetito; e di giorno in giorno aumen– tava in me quest'ansia racchiusa. La mattina, poi, svegliandomi, sapevo che, a una cert'ora, doveva arrivare necessariamente Bib– ·biana. E l'ansia si tramutava in terrore e tremavo a verga a verga e desideravo che Assunta morisse di schianto, magari là, mentre faceva le viste di suonar le campane, l()erché la morte sua sarebbe staita ,Sffillpre meno trecmentla di quella di Bibbiana mangiata da que' brutti lucchesi. Così andai avanti qualche anno. Un giorno Assunta barcollò sul ciglio di un fosso dove andava a, lavare. Aveva il mal caduco. S'aggrappò a un salcio ma, siccome la ventaia spingeva a gran furia la nuvolaglia d'ottobre, come un .armento, cascò di sotto fra le stiance e le cannèggiole, isenza rumore, BibliotecaGino ·Bianco

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