Pègaso - anno I - n. 7 - luglio 1929

Ventiquattr'ore 29 schiassero di esserne trascinati in alto, e si asciugavano le guamce; le l9ro maschere ritornarono alla prima immobilità: quella del Ferro buffa col moto delle labbra ghignanti in su, quella del Man– dorla malinconica e funebre, quella del Borriello come oolpita da una divina cretineria. L'uditorio tacque pe[' un poco. Poi, come se passasse una car– rozza in mezzo al]a sala, scrosciarono gli applausi. La dò111na, forse ubbriaca, si era aècostata al Mandorla e gli domandava qualche cosa cui egli rispondeva trrunquillamente senza guardarla. Vicini, il Bor– riello e il Ferro sentivano il profumo di lei buono come quello del pane caldo. Lo ,stesso individuo traballante di prima si accostò c:o,n tre bicchieri pieni, e i tre bevvero d'un fiato guardando il mondo intorno a loro trasformato dai vapori del vÌlllo. Poi lo stesso indi - . viduo cavò fuori un libretto e vi appuntava qualche cosa; dopo di che proclamò : - Domani sera, cantare da me, al Capitol, grande successo. - Disse queste parole i'n un 'gergo misto di francese e di spagnuolo, e nello stesso tempo si mise ad agitare sotto gli occhi dei tre compagni un lungo biglietto d'i bamca. La donna che teneva il Mandorla per il braccio, gli faèeva intendere quello che acca– deva; egli sentiva il braccio di lei leggero sul suo, con quelHimpres– sione di leggerezza ineffabile che dà il braccio d'una donna, e la lieve lama delle sue unghie sul polso che ella stringeva distratta– mente. L'uomo mostrava ora un foglio bianco, su cui scriveva qual– che. cosa invitando i tre còmpagni a :firmare. Dopo di che conse– gnava loro il denaro, sorrid'eva, e gridava : - Domami sera, domani sera! - .Salutava stando in piedi come· se li vedesse infinitamente lontani, e il Ferro gli faceva un cenno che significava: - Tutti e tre ? - E nello stesso 0ostume che indossate stasera, - si racco– mandò l'uomo. Il Borriello si era seduto al tavolino e leggeva con cura la lista delle pietanze, il Ferro, Ìlll mamcanza di meglio, stava ad ascoltare attentaménte quello che cercavano di dirsi la donna e il Mandorla, seduti vicini. Ella stava raccolta accanto a lui, con le mani congiunte sul tavolino, e si passava di quando in quando le dita intorno alla scollatura della veste. Così accosto il Mandorla sootiva che una gamba gli tremava sfiorando la veste di lei. Si parlavamo piano piano, come se avessero timore di destarsi; il Mandorla era intento a fare una inutile piega alla tovaglia bianca, il Ferro gli diceva all'orecchio, in dialetto, perché ella non capisse : - Le piaci, ti vuole, è un capriccio, dille qualche cosa, se non ci riesci mi ci metto io. È graziosa, tanto graziosa. - Il Mandorla si abbamdonava a quella voce, dimenticando di rispon– derle, e le credeva. Con un gesto distratto le toccò il braccio, si ritrasse subito, ,perché sentiva che se avesse continuato lo avrebbe assalito una dolce furia. Ella lo guardava come chi abbia molto tempo davanti a 1 sé, ftno a che il Mamdorla le diss~ : - Io questa BibliotecaGino Bianco

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