Pègaso - anno I - n. 7 - luglio 1929
126 A. G:mE, L'école des femmes all'altro; piante in un gabinetto di storia naturale, non uomini nella casa dell'uomo. Quando Evelina prima di abbandonare il marito ri– corre f chieùe aiuto al vecchio ,confessore, che cosa le rispnde l'abate Bredel ? Ohe :è suo dovere restare ; che deve « nascondere ai figli la mediocrità del loro padre». Eh no, questo abate Bredel .è una carica-· tura che Gide protestante doveva risparmiare non si dice ai cattolici; ma, a sé stesso. Non c'era bisogno d~l Cardinal Borromeo, bastava fra' Galdino per ricord~re a Evelina il dovere e_ il piacere della carità. E altro le si poteva ripetere dal Vangelo. - Ohi troppo vuol salvare la sua •anima (gli auto-idolatri, gli intimi anarchici) la perderà. Ma Evelina lascia la casa: per contrapporsi al marito imboscato, va al fronte lei, va alla guerra lei, e muo:re assistendo gli infetti d'.un lazzaretto .. (,È proprio di buon· gusto il finale ?).. Lettura certo eccitante, questo breve romanzo, se il lettore per conto suo è portato a. rivolgere contro Evelina la, stessa •risentita ana– lisi, lo stesso spirito inquisitorio ch'ella ha', volto contro il marito. E André Gide, lui, come la pensa? Dove ,finisce il torto di Roberto, dove comincia quello di Evelina ? Gi"cienon lo dice1.,E che cosa significa il titolo molieriano in testa al r9ma-nzo ? L'avventura- matrimoniale,, co– mincia nel 1894 e termina, con la morte della protagoni~ta, nel 1916. L'école de femmes sarebbe dunque una critica dell'educazione (educa-· zione, dicono, cieca) che circa cinquant'anni fa preparava le ragazze al matrimoni.o. •Ma, Dio ,mio, come andrà a finire il matrimonio di Ge– noveffa, la figlia di Evelina, educata, lei sì, con· gli occhi aperti ? Oppure nel titolo s'ha ùa leggere <;he sola, vera scuola d'una moglie è il ma– trimonio, non quale lo prospettano in- astratto educatrici o educatori, confessori o pedagoghi, ma come nella realtà, nella pratica, l'attua e l'esercita il marito, anzi di volta in volta quel marito ? Ché se « la donna» non c',è ma ci sono « le donne», non «l'uomo» ma « gli uo– mini», lo stesso si può dire ded matrimoni, ognun dei quali presenta un caso a sé e sempre nuovo. Il titolo starebbe a ricordare questa verità ? O, più semplicemente, il ricordo di MoliJère e della scandalosa Ecole des fem-mes che a suo tempo fit ~ire leur majestés - jusqu'q, s'-en tenir les còtés, sta, U soltanto come un mottetto, un'epigrafe, che dia all'opera nnova un'aria di buone lettere, quel tono di classicità che a Gide non dispiace ? . Classicità tuttavia ambigua. Ché se è vero che questo scrittore ha ereditato dai migliori france,si la chiarezza nella densità, la conseguenza, nell'analisi, e quel bel gusto, oggi sbandito, del dettato scarno, è veil'o altl'esì che questa classica disciplina egli la volge a tèmi ambigui, a sentimenti impuri, a casi, -sesi può dire, regolarmente d'eccezione. E di questa aimbiguità e impurità ed eccezione, lo stesso suo giudizio ogni volta, più o meno, partecipa. Gide è un grande clinico; ma se non ne è infetto, è almeno adombrato egli s.tesso dai mali che cura. Lo spec– chio del suo stile è tersissimo, ma l'interno che riflette resta torbido; Gide è buon moralista, ma che nessuno gli chieda di che morale. (Dove finisce il torto di Roberto ? dove comincia quello di Evelina ?) Lo scrit- BibliotecaGino Bianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy