Pègaso - anno I - n. 7 - luglio 1929

116 G. FERRARI, Gli scrittori politici italiani nascosto, il preconcetto ferrariano. Al suo dommatismo ripugna (di– fetto un po' di tutti i filosofi) che egli possa aver torto e gli altri ragione. · Si guardi a ciò che scrive su Dante. Lo scrittore è di tale statura che non è possibile rimpiccolirlo, negandogli acume politico. Il Ferrari, con la sua dialettica travolgente, pur avvertendo il fondo utopistico del concetto dell'impero universale, scopre nel poeta il sostenitore d'un'Italia federale e nella idea della supremazia dell'imperatore il mezzo per stabilire il regno della scienza contro la democrazia che straripa. Qualche fronzolo moderno su] lucco trecentesco e la dottrina di Dante è salva. E non parliamo del Machiavelli. Qui la oscurità stessa, di cui si era circondato il segretario fiorentino, offriva piena libertà ad interpretazioni accomoda.tizie. Machiavelli è il rivoluzionario che prende a rovescio tutte le istituzioni e le assale, costituendosi antipapa dell'universo: l'impero, i regni, il papato. Rispetto all'Italia, calpesta le tradizioni per sostituirvi ciò che fu da esse avversato, l'ef– fimero, l'eccezionale. Via i due poteri, che ricordano Carlo Magno, Gregorio VII, i Comuni, i Signori; e, in loro vece, esaltazione dei lon– gobardi, dello spirito fazioso e ribelle, delle male conquiste, perché in questi momenti rivoluzionari della vita italiana è il germe dell'unità. La quale unità non è poi quella che s'immaginano i politici dell'Italia moderna (costoro debbono contentarsi di un più oscuro e modesto capo– stipite, ·n piacentino Mussi), ma l'unità che ha come fondamento il sistema federativo, « un regno pieno di repubbliche». Ciò non ostante, il Ferrari non può perdonare al Machiavelli, pur così addomesticato, di essere unitario e lo tratta di utopista, gli rimprovera di non aver pre– visto gli avvenimenti, gli nega perizia di storico e quasi giustifica che egli sia morto pove;ro, sconosciuto, disperato. Più simpatico e « ragio– nevole», anche se mediocre, non avendo ,saputo pigliar l'avversario dì fronte o, per dirla con parole più chiare, per difetto di abito rivolu- 7.ionario, l'Ammirato, perché (s'indovina senz'altro) è un federalista avversario dell'unità predicata dal Machiavelli. · Il Guicciardini. O questo sì che è una mente superiore, - e politi– camente potrebbe anche essere giusto, -- ma il Ferrari non ne conosce gli scritti che in piccola parte. Lo colpiscono specialmente i Ricordi, dove ritrova, o crede di ritrovare, una traccia di sé stesso: un fondo di scettica indifferenza, « uno scrittore di filosofia politica ». E poi · come non tener conto della polemica sui Discorsi del Machiavelli ? Il Guicciardini, « afferrata l'unità nell'altro senso geografico, ne svela i sofismi, sacrificandola al più ragionevole concetto della federazione italiana, che riassume ogni suo 'occulto e sottinteso pensiero.» Ma è proprio questo il pensiero del · Guicciardini ? Gli esempi potrebbero continuare fino a incontrarci con l'ultimo scrittore politico italiano, Giammaria Ortes, che è un retrivo, ma anche un « alto ingegno», in quanto, astraendo da ogni questione di fede, sostiene la separazione dei due poteri, il distacco della religione dalla politica. Questo ritrovare il Ferrari a.d ogni passo dell'opera sarebbe forse BibliotecaGino Bianco I

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