Pègaso - anno I - n. 7 - luglio 1929

106 F. ERCOLE, Il pensiero politico di Dante dantesca, ponendo come fine proprio della humana civilitas (una cre,a,– zione della civitas) 1a vita felice dell'uomo, precorre e preannunzia il Rinascimento. Essa si riduce, secondo l'Ercole, a « un audacissimo ten– tativo intellettualistico e natura.listico di sostituire alla soluzione so– vrannaturale e trascendente, offerta dalla filosofia tomistica, una solu-' zio~e immanente e terrena, del contrasto fra la materia e la forma della moralità aristotelica. » In altre parole Dante, che pur afferma- esplici– tamente la, subordinazione ùella vita presente alla vita futura, che pur considera cristianamente il fine terreno come avviamento e preparazione a quello ultraterreno, concepirebbe il primo fine come imman€1Ilte al– l'uomo : conquista del vero e del bene, ossia della felicità sulla terra, secondo le possibilità dell'umana natura e fuori del tutto da ogni azione della grazia. Per amore ùi brevità ho schematizzato. Non credo però d'aver tra– dito il pensiero dell'Ercole, alla cui efficada dimostrativa avrebbe senza, dubbio conferito una nuova e definitiva elabora,zione del materiale che oggi d viene offerto. Invece di due volumi, dove molte pagine e moltei citazioni si ripetono alla sazietà, turbando con echi di ecbJ lo svolgi– mento del,pensiero che vi circola dentro, avremmo avuto una trattazione più breve, ma salda e conchiusa in sé; meno schematica e mooo sillogi– stica, ma più piena e organica; certamente una trattazione più adatta a comprendere quella personalità di Dante che, attraverso la specula– zione filosofica come aittraverso la creazione poetica, risolve in una sintesi nuova e originale gli elementi disparati della sua cultura. Non · si può negare che l'Ercole procedendo, nella sua esposizione, a un. raccostamento logico di passi desunti dalle varie opere di Dante (le quali vengono cosi collocate tutte sullo stesso piano), sia giunto a fissare e a determinare meglio alcune idee essenziali sulle quali la critica non si era sufficientemente fermata. Ma quel suo processo indiziario che trae profitto di ogni elemento razionale e, fuori di quell'alone senti– mentale che ne colora il contenuto e ne ,fissa i limiti, rigidamente deduce e ricostruisce in ordine nuovo e generalizza, se riesce seducente ·e sug– gestivo, ci porta talora a straniarci da Dante, attribuendogli senti– menti e concetti che non furono suoi. È un genere di ricerche che muove dal cerchio al centro; che parte, per illustrare il pensiero di uno scrit– tore, d a una precis a efl esteriore formulazione di concetti, i quali soltanto acquista.no il loro vero ·valore e fa loro ,particolare significa– zione s e guarda,ti d al centro sentimentale che li irraggia e ne costi– tuisce la ragion d'essere e g supporto necessario e indispensabile. . Non ,è qui il aaso di discutere tutte le argomentazioni dell'Ercole. Sarebbe troppo spesso la discussione di equivalenze concettuali studio– samente ricavate con un processo induttivo di carattere formale. Ma quella sua distinzione tra communitates perfectae et per se sufficientes e l'Impero, naturali le une, di .comando divino l'altro, e « reme1dium contra infirmitatem peccati», - contrapposizione che è il motivo ri– corrente lin tutti questi scritti, - non è che un iato che la logica ineso– rabile dell'Ercole schiude e .allarga, nel sistema politico dantesco, sul fondamento di teorie posteriori a Dante. Certo la conc,ezione della BibliotecaGino Bianco

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