Pègaso - anno I - n. 6 - giugno 1929

LA STELLA DEL NORD. (CONTINUAZIONE). xxxv. Nessuno sa come vadano i sogni, ma si dice che le innumerevoli e bizzarre cose che compongono urn sogno, tutti -quegli incontri, quelle fughe, quelle gioie, quegli spaventi di cu'i non ,si riesce mai a ritrovare il principio, occupino appena il breve spazio di un attimo. Diremo dunque anche noi che quei pochi giorni, pieni di così grandi eventi, passarono come un sogno e che quando, sul finire di un pomeriggio annuvolaito, giunse inattesa la grande notizia, a molti sembrò che giunges-se troppo presto e ci rima,sero male. Ma i più si misero nastri e fiori sul cappello, e per le strade ,si poteva vedere il popolo ballare come raraimente si vede, il popolo italiano che per gioia non balla. Le pescivendole anzi tanto ballarono che ben presto in fondo alle loro ceste non rimase che qualche foglia d'alga; e non eran pochi quelli che, passando di là, se ne andarono poi tranquillameinte, colll l'illldice infilato nelle gargie di un pesce, a vedere che cosa dicesse il Signore nel Duomo pieno del rimbombo delle grosse campane. I soldati, anche quelli che non avevano mai sparato una fucilata in tre anni di guerra, erano portati in trionfo. Le ragazze li baciavano sui visi rossi e già un poco bevuti, infioc– cando di fiori i loro berretti e le loro giubbe. E se ne videro anche un paio, a quei baci, buttar le ,stampelle sulle quali si trascinavano penosaimente, cosa che lì per lì fece gridare al miracolo. Così passò quella giornata che proprio non fu come tutte le altre, e ad essa ne seguirono alcune delle quali non c'è memoria d'uomo iche si possa ricordare. La terza o la quarta ,sera dopo quella, nella Casa d'elle Betulle erruno alla fine del prrunzo e illon si trattava che di ripiegare i tovaglioli, quando uno squillo di campanello fece a tutti tender l'orecchio e trattenere il respiro. Subito d'opo il cruncello si aprì ad Uill calpestio di ghiaietta e ad alcUlllevoci, fra le quali spiccò nel suo naturale falsetto quella del conte Roberto. La stanza dove la famiglia Iupiter pramzava era il tinello della vec– chia fattoria. Esso aveva COllls-ervatoun certo carattere rustico, specie in virtfi di un alto camino che occu~ava quasi mezza parete, e la sua porta si apriva direttamente sul giardilllo. Uill attimo duill- I 8ibliÒteèaGino Bianco

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