Pègaso - anno I - n. 6 - giugno 1929

Ritratto di Vittorio lmbriani 669 vien poi ad essere, illell'opera stessa di Vittorio, l'uillità di queste 1 due figure che finalmente fanno una sola persona. Uscire dalla realtà immediata, della quale il suo spirito impul– sivo di com.traddizione gli ha costruito un non desiderabile aspetto, uscire dalla realtà dura verso la quale egli si piace di mrunifestare U!Il curioso rruncore, accentuato forse dal germe della malattia che doveva condurlo giova:qe a morte, uscire dai gretti confini della vita reale coi suoi repubblicani e cattivi letterati : ed entrare o nella fiaba o nella erudizione per un bisogno affine, e lì trovare il proprio animo più umamo, questa era la via più lieta che poteva pararsi ·all'iillgegno dell'Imbriani. Ma in questa evasione che però dialetti– camente premetteva la vita da cui egli voleva liberarsi, illon riusciva davvero : schiavo del suo impeto, egli amava scolllfiillatamente il mondo che gli destava invettive e gli suggeriva pooe capitali. Neo teoum neo sine te. Egli aveva l'ossessione di questa vita, e la ma– nifestava illon meno nel bisogno d'azione (guerra e duelli e azione polemica qurundo altro mrunchi), che in certe espressioni di ricca e sboccata sensualità, e nelle allusioni a tutti i coilltemporanei. Vien fuori così la sua arte singolarissima. Il fiabesco con le fate, le vanghe e i badili e le zappe parlrunti, si fonde al crudo realismo e perfino al grottesco. Pure, prevalendo il motivo della fiaba, e me– glio il motivo riposato. dell'arte, nella quale le crudezze del mondo si ingentiliscoil'lo, si assottigliaJ10, si asserenano, il più delle volte qui gli odi e gli amori di'Imbriani son trasfigurati. In un sonetto che ,egli scrisse poco tempo prima di morire, premettendolo con al– tri alla ristampa della Posilioheata di Pompeo Samelli, egli si confessa: ....L'uom di Terenzio esser mi piacque ! Gl'ideali del par venero quanti Fantasia ne creò, dal dì che nacque. Pur, con pietà più pia v'ho in cor ristretti. Miti estinti, Dèi morti, idoli infranti : Streghe ! fate ! giganti ! orchi ! folletti ! Certo il suo viso più vero non è quello acre, sebbene egli di quello si compiaccia .iil'lpubblico : è quello del gaio novellatore che va– gheggia favole e romanzi, opere di contemplrunte fantasia. S'intende .che poi egli mescoli insieme in sé e fuori di sé il dotto e il novella– tore, l'erudito piccoso e l'umorista gaio. La sua arte ebbe spesso come sua illaturale materia gli elementi stessi della sua cultura ed erudizione (non per nulla predilesse i canti popolari, le fiabe del gran Basile, l'aneddotica stessa dell'erudizioille) e per lo meno volle ritagliarsi stilisticamente nel tessuto della tradizione consapevole che egli aveva adunato nelle sue scelte letture. Ed eccolo a parlar chiaro ed anche cordiale su questo argomento, sebbene non celi la sua antipatia per le [lOVelle dei suoi contem– poranei: «Dirò: io cotesti vostri raccontini, cotesti bozzetti, co- BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy