Pègaso - anno I - n. 6 - giugno 1929

l!'. Flora tissimo col suo spirito di contraddizione, fieramente avverso alla. democrazia letteraria. Egli non ama la folla e in questo sentimento non c'è nulla del morboso sensualismo pel quale più tardi è venuta di moda l'avversione alla folla che non olet. Odia la mediocrità. Non ammette che il saipere sia popolare e a buon mercato, e che le muse siano ridotte al bordello, così come le aveva ridotte quel divulga– tore di cui si legge nel Novellino e che non sapeva come il volga– rizzare la scienza ,è« menomare la deitade >>. Anzi Vittorio Imbriani s'adonta perfino che il suo stesso detto possa essere accolto da chi lo ripeta ed applauda senza punto intenderlo. Gli piaceva, gettarsi sugli autori da criticare coll'impeto di chi deve accopparli: compiere una esecuzione capitale per vendicare gli uomini e l'universo. rMa i111 realtà quel suo fare era estremamente metaforico, e bisogna Ìltltenderlo: i suoi eran modi burberi e sec– chi, che in fondo tollerava anche verso sé stesso, quando addirit– tura non li invocav,a. Non era affatto un cannibale, e perfino se la gode a pensare che la gente prenderà paura di lui e lo stimerà un cannibale davvero. Come se la gode a, scandalizzare i semplici e i pavidi. Gli piace di attaccar briga, lui solo contro cento, e mentre aggredisce l'Ultlo dà pure U1I1a frecciata ad un altro, e poi ad un altro; e poi a tutto un gruppo, finché fa una mischia corale e se la spassa. Né mamca con finte parate di attrarre qualcuno e fargli un sorriso e citarne una giusta idea, .per dare infine il suo bravo , colpo anche all'alleato che s'è scelto. È facile fraÌIIltenderlo. Certe uscite C-Oltl e quali metaforicamente stronca, paion sempliciste; ma c'è sempre nelle pause la correzione dei suoi paradossi, ed è fatta, intendiamoci, dal tono stesso del– l'autore. Talora un aneddoto è una comparazione e vale più d'un ragionamento compassruto; perfino una freddura talvolta è più cal– zante e risolutiva d'una dimostrazione con tutta la serie dei pas– saggi. Il suo discorso è veramente poco riguardoso verso le succes– siOIIlidi una ben costrutta « oratio » : procede piuttosto ,per rapi– dità pindariche. Ma se egli demolisce un poeta dicendo che nOIIlsa contar le sillabe ÌIIlun verso e che ignora l'uso della dieresi, e eh~ mette l'apostrofo dopo l'indeterminato maschile un, eccetera; se egli si ferma su queste minuzie, il suo pensiero sotterraneo e sprez– zamte ammonisce che quel presunto poeta val tanto poco che di lui ci si può sbrigare dicendo che non COIIlosce neppur l'uso della die– resi e che aiutarmi è quadrisillabo : lo tratta come uno scolaro al quale non si può certo parlare di ardui problemi di stile, quamdo c'è da insegnare l'alfabeto. E anche questo teso giudizio dispregia– tivo dell'Imbriani è una forma d'ironica metafora. Se nOIIlo si legge nel suo giusto tono (e convengo che talora l'Imbriami stesso si falsi facendosi guidare dalla bravura erudita, per aver fatti minuti spo- BibliotecaGino Stanco

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