Pègaso - anno I - n. 6 - giugno 1929

Ritratto di Vittorio Imbriani 665 S'impegrnava sempre, e i suoi errori e i suoi dirizzooi valgo!Ilo più delle mezze verità mutili e delle caute affermazioni dei deboli e dei prudenti. , Or qui bisogna notare che questo « Minos )) (come lo chiamavano gli amici del Giornale napoletano della Domen-ica), verso gli uomini dli secoli piuttosto remoti è assai più generoso che 1110n verso i co111- temporanei; con quelli talvolta è perfino « frammanicone )) come egli dice celiando, e si compiace di riabilitazioni e rivendicaziollli. Forse, anzi, l'amore degli scrittori passati gli impedì in parte l'amore della letteratura co111temporanea.Rigorista COlll coloro che gli SOlll gomito a gomito, lassista per i morti. Ma tutti siamo un po' così: il nostro discorso ai contemporanei vuol essere inteso, vuole U!Ilareazione, è volto all'azione- che noi chiediamo dagli altri, tale che risponda al nostro stesso estro, sic– ché il mondo che gli uomÌIIli oggi fanno, sia quanto più è possibile vicino al nostro ideale ; ma verso i morti non abbiamo fini oratori : siamo narratori c0111templativi,e runche ci vince la tenerezza di quello che non può ,più mutare, la cordialità verso gli anni mor.ti e irrevocabili. Ai vivi si predica impetuosamente; non si predica al deserto e no111 si predica ai morti che non odono. È poi vero che tutti i letterati 1110111 amano la letteratura del proprio tempo : e qui non occorre dirne le ragioni, ma constatare il fatto. Imbriani non fece 111eppure lo sforzo di vincere l'miziale ripugnanzj'L che gli destavan gli scrittori contemporrunei; anzi a quella si abbandonò, e il più . delle volte fu un sincero distruttore. D'altra parte, t ranquill amente, ché non era affatto un perma– loso dell'orgoglio; aJi:l.zi era spietato verso sé &tesso e poteva fare nude professioni di um iltà, egli sentiva in sé ullla 111ativa superiorità d'ingegno su molti uomini, una forza gagliardissima d'intelligenza che egli comparava spontaneamente all'mtelligeinza degli altri e ne traeva un giudizio a sé vruntaggioso senza sforzar le ragioni: e i . suoi ideali eran sempre più alti di ciò che di solito gli era offerto dai contemporanei: il suo stesso spirito di contraddizione, alimen– tato da quegli id'eali, ha un ÌIIllllegabileprincipio di grandezza. In– telligenza aristocratica di chi (runche se molto tace e perfino meta– 'foricamente tràvisa) interamente capisce la cosa di cui parla e insieme, che è :µiolto più, i limiti di sé stesso ; poiché le sue critiche sono colorite dal suo sentimento che fa le sue prepotenze, egli si affida alla intelligenza degli uomilili colti: il suo discorso 1110n vuol essere per le folle : è ricchissimo di sottmtesi che nel suo stile, più che in quello di altri, hanno il medesimo valore che le pause di silenzio in un motivo musicale o lo stacco tra una percussione e l'altra di un ritmo. E runche questo richiedere scaltrezza d'mgegrno e malizia e rapi– .dità ad intender le metafore e le pause e legger tra le righe è coeren- Biblioteca Gino Bianco

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