Pègaso - anno I - n. 6 - giugno 1929
664 F. Flora che cdl De Musset », la mostrava ,perfifllonell'ortografia, scrivendo sempre con lettera maiuscola Italiano, egli che pure scriveva i nomi dei popoli e perfino quello d'i. Dio con lettera minuscola. Noo monarchico era· ma più realista del Re: e il suo monar– chismo dovette accootu~rsi bizzarramente, per le discussioni gio– vanili col fratello repubblicano, Matteo Rooato. S'era messa in moote Ulllacerta idea monarchica, che aveva ca– ratteri quasi interamente ,astratti. Le forme dello Stato non sono buone o cattive in sé medesime; ma in qulllilto rappresentano nella cootmgenza storica, caso ,per caso, il sistema più utile allo svolgi– mento della libera personalità umlllila, allo sviluppo della vera hu– manUas e ratio degli uomini, conquista di sempre più alta libertà. E no1I1 è che egli ciò 1I1on sappia; ma tuttavia gli vien fatto di chie– dersi: « Un'Italia repubblicana a me sarebbe amcor qualcosa? Ne– scio >> : e il suo Molilarca è una categoria, non già della storia, ma del suo ferreo e caparbio sentire. Appunto Vittorio Imbriani fu nella vita e nelle lettere Ulll ma– niaco della sincerità. Questa Ulna sua forza e un suo non piccolo limite: questo il lievito del suo coraggio, ma anche la corruzione di tutti i suoi più intimi affetti. Egli deve dire ad alta voce e stampare tutto quello che gli par vero, anche a costo di scandalizzar tutti e di soffrire l'amarezza del suo stesso scandalo. In questo senso egli tra i letterati è Ulll reprobo e se ne vanta. Tutti gli scrittori del suo tempo hanno una certa comulile morale letteraria o vogliam dire costume, sicché ilil– fine ilil un quadro idillico si potrebbero ben mettere ililsieme un Carducci e un De Sanctis, che furono tanto diversi di spiriti e di forme; ma Imbriani no: se quelli san ta,cere le oose che una buona consuetudi1I1e non vuol silllil dette ad alta voce, e san velare, con umano compatimento ed onesto, certe debolezze dell'uomo (che Im– briam.i chiama « terenziano >> a ricordo del famoso « homo sum et nihil humani a me alienum puto »); e sanno frenare certi impeti troppo incomposti, ,pur quam.do si abbandonano alle passioni; costui non ha ritegno o freno alcuno; anzi gli pare che i prudenti sian più o meno canaglie, che non osano dire ilil pubblico quel che pUT pensano e spesso dfoono in privato. Gli pareva che nulla di quanto è umano dovesse esser taciuto o velato o travisato: e poiché le cose taciute soo quelle azioni che non fanno onore a chi le commise in atti e in parole, e i discorsi grassi e magari le bestemmie ; i suoi scritti abbo1I1danodelle une cose e delle a1tre. Imbriani crede che le retioonze di galateo siano Ullla formà di ipocrisia : la sua franchezza in pubblico è quella stessa che noi adoperiamo in camera caritatis. Oh siamo giusti (non parlo di me) : c'è letterato il quale noo abbia detto in privato dei suoi colleghi, quel che Imbriani diceva in pubblico dei suoi? Biblioteca Gino Bianco
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