Pègaso - anno I - n. 6 - giugno 1929

766 .A. P .ANZINI, I giorni del sole e del grano -----------:- difficilmente viene meno. Bisogna darsene conto, per rendergli quella giustizia alla quale ha diritto. Anche qui, ma citare dei Miti è un errore, i dilettanti di frammenti avranno di che compiacersi. Apro il volume a caso : Nell'ora sconfinata del meriggio è la stagione come l]lil'ombra rossa attraverso le palpebre, a chi dorma senza riparo dalla bionda luce. Nel verso successivo il tono si abbassa: « Alla grave del ciel vòlta se– rena» .... Altri squilibrii si potrebbero segnalare. Di alcuni dittonghi forzati infrequenti nella nostra lirica, il Pavolini si accusa da sé nella nota fi~ale. Anche taluno vorrà rimproverargli la disinvolta ostentazione di' alcuni motivi ed atteggiamenti ottooonteschi (p. 43) ormai troppo noti. Ma a quale scopo ? Corrado Pavolini non ci farà ma,i credere di imitare nessuno · e questa evidenza è una delle ragioni, non certo l'unica, che ci persuado~o a segnalare con tanto consenso questo suo libro di poesia. EUGEJNIOMONTALID. ALFRIDDO PANZINI, I giorni del sole e del grano. - Ed. Mondadori, Mi– lano, 19:29. L. 15. L'altra estate andai al mare a far visita ad Alfredo Panzini, in quel di Hellaria, e vidi appoggiata al muro della villa una bicicletta di modello molto antiquato. Chiesi a Panzini se per caso quella non fosse ancora la bicicletta del giro nella terra dei santi e dei poeti (Piccole storie del mondo grande) e della lantei-na di Diogene. Era ancora quella, e Panzini se ne serviva tutte le mattine per andare sui lavori d'una casa colonica che s'era recentemente comprata qualche chilometro più dentro terra, e della quale largamente si parla in questo libro del sole e del grano. Quell'esempio di costanza mi piacque assai. Il diario del viaggio nella terra dei santi e dei poeti è dell'agosto del '98, e io pensavo che un giorno o l'altro avrei potuto scrivere un articolo su quella bicicletta intitolan– dolo Trent'anni dopo e che l'avrei cominciato su per giù in questa guisa: In trent'anni abbiamo visto D'Annunzio a cavallo, in automobile, in aeroplano, in mas; ma di Panzini ci vuol durare nella memoria una immagine· atteggiata pedalando sempre l'istesso corsiero.... . Certo, nel Museo de' cimeli panziniani questa bicicletta dovrà figu– rare a un posto d'onore, perché a lei fu affidato un compito veramente di prim'ordine: quello di riportare ogni tanto Panzini in campagna come verso la liberazione. Campagna e città stanno nell'opera di Panzini col rapporto dei tre mesi di vacanza ai nove di scuola; e la sua campagna, e il suo mare, sono spesso colorati della gioia sospirata della vacanza che si fa. poi così pre– sto pungente e s'empiono fatalmente di figurine da villeggiatura. Questo fino a due anni fa, fino a, quando cioè Panzini lascia l'insegnamento e BibliotecaGino Bianco

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