Pègaso - anno I - n. 6 - giugno 1929
C. P AVOLINI, Odor di terra 765 profila in uno studiato dolce ritmo - un poco dorlotant com'è giusto - la prima casa dell'uomo : Indi la casa sorse, con le sue scale leggère, i suoi balconi in fiore, i cortiletti ombrati; e ormai s'udiva il chioccolare delle fontanelle, e il fumo si scorgeva dal camino lieve uscire per l'aria ; e si sentiva fremere il telaio, cantare i servi; nell'inverno c'era fuoco di legna; fresco nell'estate; tepore in primavera e nell'autunno. Ed ecco altre composizioni tra le migliori della serie : I dea del futuro, Alla mia donna e Immagini della sera tropicale che non so citare senza riportarne almeno i versi finali, nei quali il poeta si rivolge alla sera. che ~cende: .... E se ti adoro furtiva trasvolante tra le felci, vedo brillare i tuoi denti di luna fra le carene bia-nche dei topini che le formiche trassero alla spiaggia. Se m'inginocchio a te con questo pianto, dal tempo, come da un tronco ferit:o, il succo lento della vita cola. Il poemetto Della bellezza non ci era, nuovo, ma giova a, introdurci al gruppo dei miti, e non solo per la complessa elaborazione formale, ma, ancl;le per l'ispirazione che lo informa. La bellezza è infatti l'ispiratrice unica dei Miti del tempo di Pavolini: un riflettersi del pensiero in sé stesso, l'espandersi di un canto che non chiede altra materia se non la vibrazione della propria voce, un fermo e lucido tripudio dell'intelli– genza. Poesia che vuol riconoscersi come poesia, prima e meglio che come documento e voce di esperienza uma.na : ispirazione che diremmo de– corativa, in senso alto, se nella critica poetica potessimo introdurre un termine in voga nelle arti .figurative. Iride, Siringa, Alcione e, con qualche insistenza, Procri, sono i migliori componimenti della seconda parte della raccolta. Il Pavolini ci avverte in una nota di essersi permesse, costi, « scandalose libertà » verso la tradizione classica, ma non credo che troverà un solo lettore disposto a, rendersi conto, caso per caso, delle sue infrazioni; tanto è evidente che l'accento della sua poesia non cade nel senso di una ordi– naria e diligente esro-citazione classicistica. Come s'è detto, i Miti del tempo costituiscono un saggio di poesia che non teme l'intelligenza, ma si sforza, anzi, di fissare in una ser-ena luce intellettuale anche i più ambigui trasalimenti dell'istinto. È un atteggiamento che non è fre– quente da noi negli ultimi anni, quando si vogliano tras.curare infinite esperienze risoltesi in varia eloquenza, rimata e numerata. Nel Pavo– lini al contrario l'esigenza non sconfina dai suoi limiti più severi, e il contatto con l'ispirazione (ed è spesso una pura ispirazione melodica) iblioteca Gino Bianco
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