Pègaso - anno I - n. 6 - giugno 1929

764 C. PAVOLINI, Odor di terra OoRRAOO PAVOLINI, Odor di terra (con una introduzione di GrnsEJPPlll UNGARIDITI). - Fratelli Ribet editori, Torino, 1929. L. 10. E difficile, in tempi di «ritorni», di contrizioni polemiche e di pro– positi neoclassici, che un libro di versi tradizionali, e nel caso del Pa– volini diremmo ostentatamente tradizionali, non intorbidi di qualche prevenzione la fiducia dei rari lettori ostinati a credere ancora nelle ragioni e nelle possibilità di una poesia contemporanea. Ma per conto nostro, e premesso il fatto che un consenso preliminare, una volontà di adesione, non ci hanno abbandonato mai, evidentemente, in nessuno dei nostri tentativi critici, salvo ad essere contraddetti dai risultati ottenuti caso per caso; dobbiamo confessare che quanto conosciamo dal– l'attività critica del Pavolini bastava già a sgomberare il terreno di ogni equivoco e a rendere agevole la nostra partecipazione ai saggi poetici di Odor di terra. E poiché nel tradizionalismo del Pavolini, poeta e lettore di poeti, da tempo avevamo avvertito una spontaneità che è segno di possesso tranquillo e raccolto, non ci fa più meraviglia trovare nei suoi versi una sorta d'indifferenza di fronte al difficile problema degli schemi personali che ogni poeta, e più che mai dal Baudelaire ad oggi, parrebbe dove['si porre a garanzia e a distintivo della propria poesia. Questa libertà di effusione, che Iion è mancanza di freno, dà, a molti versi di Odor di terra un respiro giovanile affatto inusitato oggi, una possibilità di trapassi e una continu.ità di espressione che ci compen– sano di ciò che ogni poesia sembra perderne in rilievo puntuale ed in quella precisa definizione che tende a far di ogni lirica moderna un «oggetto» di poesia (il « correlativo obbiettivo» del dato interno, se– condo la nota teoria di T. S. Eliot). Ungaretti che ha scritto la pr,efazione al libro, ed è poeta orientato in altra direzione, ha opportunamente distinto le liriche dei « casi in– timi» contenute nella prima parte del volume (che avevamo già cono– sciute in un precedente libretto), dal gruppo dei miti che di Odor di terra costituiscono il nocciolo più importante. Non che la differenza dei due, gruppi importi una mutazione d'animo sostanziale: già le poesie biograJfiche si potrebbero definire a loro volta « miti familiari», ed anche qui la preoccupazione del Pavolini è di « portare un suo caso intimo al grado della leggenda e dell'ineffabile», come avverte Ungaretti; e n~ poemetti mitologici si cercherebbero invano tracce di esaltazione natu– ralistica, di luciferismo razionale ottocentesco, o, Dio guardi, residui di «fanciullino>>. Gli intenti sono qui diversi, come vedremo. La diffe– renza maggiore fra i due gruppi è perciò una differenza d'arte, un diverso grado di maturità espressiva: sebbene importi dire che i devoti della poesia di affetti e di risonanze immediate troveranno proprio nella prima parte di che compiacersi maggiormente. Si legga A Luca, una lirica nella quale, la contemplazione del figlioletto addormentato, ricorda. al poeta quale millenario travaglio rese possibile la sua vita, la sua famiglia e il suo tetto, dalla prima casa alla sua casa. Ed ecco come si BibliotecaGino Bianco

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