Pègaso - anno I - n. 6 - giugno 1929
732 U. Fraoohia di quanti gli stavilJllo intorno per confortarlo, con un barcollare da stordito s'ililcamminò verso la porta. _ Ora 1I1ondirà più che non era suo figlio, vecchio imbro– glione! - esclamò Marcello cupo e sarcastico, pieno di vergogna e di collera : - Ora la commedia è finita. Con queste parole, che passarono su quei visi pallidi come un vento gelato sulla neve, senza lasciar traccia, la comitiva s'avviò per la strada già deserta a quell'ora. Am.davano avanti il maggiore lupiter e Benedetto, sorreggendo il conte Roberto sotto le ascelle ; seguiva Alessamdra fra le due ragazze in lacrime; ultimo veniva Marcello, e presto tutti scomparvero nel buio. Socchiuso il cancello, Massimo e la signora Celeste tornarono lentamente verso la porta illuminata. Accamto alla porta, sotto una pergolillla di glicine, c'era un sedile addossato al muro, e Massimo vi si lasciò cadere di schianto illl una posa scomposta da soldataccio. - Aspettiamo che ritornino, - disse tutto corrucciato, disten– dendo le gambe quanto eran lunghe e piamtando 1I1ellaghiaia i tac- chi degli scarponi. . - Non avrai freddo qui? - gli chiese timidamente la signora Celeste. Per tutta risposta egli crollò il capo e con la mamo saina incomin– ciò ad airricciolarsi la barba. L'aria della sera era umida: non ilil– vitava ad una sosta all'aperto. Stringend'osi un po' nelle spalle, come ,per difendersene, la sigillora Celeste molle e silenziosa gli si sedette accanto. Dall'ililtemo della stanza si diffollldeva sul limitare un chiaror fi.oco,ohe tuttavia bastava a illuminare Massimo da Uiil lato. Il viso di lei invece era tutto in ombra, e in quell'ombra nolil si vedevano che i suoi occhi brillare. Li teneva fissi sul viso del figlio, ma nolll c'era piega della fronte o della gota, rungolo della bocca, fossetta, ricciolo sul quale il suo sguardo, volubile come una zan– zara, si soffermasse più di un minuto. Se lo distoglieva di là, era· per percorrere rapidameinte quel gran corpo semisdraiato al suo fianco : le mollettiere avvoltolate intorno ai polpacci, il vestito tutto pieghe macchie e radure, la mano fasciata di riero, il petto c001quei nastrini senza colore. Un vago sorriso di quamdo in quando le sfio– rava le labbra, ,e 1 allora, abbassando le ciglia, per Uiil attimo si guardava gli anelli che le luccicavano alle dita. Eramo i momenti in cui più le pareva impossibile che •quello fosse Massimo, il ragazzo quattro anni avanti partito per la guerra. Questo peinsiero, che non l'aveva abb3Jlldonata U1I1 minuto dopo il primo abbraccio, la iriempiva di stupore, ma le dava anche un piacere indefinibile; e, non sapendo né spiegarlo né liberarsene, ne sorrideva fra sé ililcuriosita, come d'uno strano capriccio. Più strruno ancora era il fatto che, qurundo distoglieva lo sguardo dal viso di lui, sempre dominata da quel pensiero, subito le riappariva nella Biblioteca Gino Bianco
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