Pègaso - anno I - n. 6 - giugno 1929
La Stella del Nord 731 carri e arnesi che portavamo le insegne di un reggimento tirolese. Tutto era veramente finito, ed io, con un senso misto di disgusto, di stanchezza e di collera, che fu il sentimento di molti in quello stesso momento, me ne uscii di nuovo all'aperto. Le ambulanze ave– vamo già raccolto i pochi feriti, e sul terreno del nostro ultimo combattimento, che aveva ripreso l'aspetto di un prataccio qua– lunque, non rimaneva se 1110n qualche elmetto rovesciato e le nere carcasse dei cavalli a gambe all'aria nell'erba. «- Guarda chi .si vede ! - esclamò a un tratto uno dei miei soldati. « 00111 il moschetto a tracolla, le mani in taisca, l'elmo sulle ven– titré, un mozzicone di sigaro in bocca, egli guardava allungato ai suoi piedi quello strano tipo che, uscito dal IJllulino, s'era fatto uccidere dai suoi sul ciglio del fosso. Mi avvicinai a lui. 00111mio grande stupore vidi che era U111 ufficiale degli honved, e subito dopo rico111obbi il tenente Michele Horvath che, co111 il petto crivellato di colpi tirolesi, :fissava i ,suoi occhi spenti in una spera di sole dolce soRpesa tra due nuvole bia111che.- Et si est vita non est UaJ - mormo rai allora fra me tristemente. E pensai che certo per non udli.re quell'ululo di sirena, che segnava la fine d'ogni sua speranza, e gli era fuggito da me e aveva voluto morire.» Queste parole di Massimo furo1110seguite dal più profondo si - lenzio. La signora Celeste si asciugava le palpebre, le ragazze Pepi sospiravano. Tutti guardavano Massimo che aveva abbassato il capo ,sul petto, come preso da un attimo di stanchezza, e rifacevano il corso di quelle singolari vicende. - Orumbiano i tempi, - di:sse poi il maggiore Iupiter COl!l voce grave, - ma la guerra è ,sempre la ,stessa avventura. E cosi, - sog– giunse al balenare di un'idea improvvisa, - gli ultimi a cadere furono due. Il tenente degli honved Michele Horvath e il sottote– nente dei cavalleggeri.. .. Ma,ssimo si frugò in una tasca e ne trasse Ullla catenella d'oro alla cui estremità pendeva Ulllapiccola medaglia ovale. Gliela prese di ma1110, il maggiore Iupiter; e, con il gesto che gli era abituale, quando scrutava le sue schegge di pietra, se l'avvicinò al viso, cur– vandosi anche sulla tavola per vederci meglio. - Benvenuto Stella, - lesse poi lentamente. E allora si vide il conte Roberto impallidire, chiudere gli occhi e scivolare dalla sedia senza né una parola né un gemito. XXXVIII. Fu raccolto, gli fu spruzzata 1l!Il po' d'acqua sul viso, rinvenne, e dopo essere rimasto per qualche tempo immobile, a capo chililo, gli occhi torbidi e smarriti, i!Ildifferente e come insensibile alle premure iblidteca Gino Bianco
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