Pègaso - anno I - n. 6 - giugno 1929

La Stella del Nord 729 allontanai da lui per tornare dai miei soldati che, fatta la catena, giravamo in to[ldO intorno al fuoco, cantando e saltando come ra– gazzi., Rruccolsero in fretta le loro robe, e i quattro cavalleggeri ri– mo111tarono in sella. Allora chiaimai ad alta voce il tenente Horvath, ma 1110ne ebbi risposta né lo vidi venire verso <ll 111oi. Era scom - parso. Feci battere e frugare la macchia lì intorno. Poi, riuscendo vana ogni ricerca, sebbene la cosa mi irritasse non poco, per non perdere altro tempo fitnsi di credere che si fosse già avviato per iJ sentiero. Dopo tutto ormai, fuggendo, non avrebbe potuto più fare [lé bene né male. Rfoordai alla scorta che ogni tentativo di evasione doveva essere represso con le armi, e i due gruppi si separarono. I prigi0111ieri mossero lentamente in un senso; noi ci mettemmo di buoo passo sul sentiero opposto, e poco dopo li perdemmo di vista. « Fino a sera e tutta quella 111otte, salvo qualche ora di riposo, continuammo ail aiggirarci per quel brago, cercando di uscirne in ogni modo; fitnché, incontrato l'argine di u111 altro fiume, esso in breve ci co111dUJsse ad un ponte di barche che, a costo di farci strito– lare, attraversammo fra le ruote di un lungo convoglio d'artiglie– ria; e poi, sorpassati quanti a, marcia lenta ma serrata, uomini carri ambulamze, battevano queUa istrada finalmente asciutta, in u111 paio d'ore rittscimmo a raggiungere la coda della nostra Brigata. Solo poco fa, mettendo il piede in questa stanza, ho provato u111a gioia più intensa. Chi no[l è stato soldato non lo può capire. Mar– ciaimmo fino al tramonto, e ci sembrava che [liente ormai potesse arrestare il nostro impeto. Poco dopo prendemmo contatto con le retroguardie 111emiche,ma all'alba del giorno segue.nte la loro li[lea di resi,stenza era travolta. Ora il mio reggimento non avainzava più in colonna, ,ma, disteso a ventruglio attraiverso crumpinuovamente im– pamtamati e fangosi. La morte 11100 aveva più nulla di triste. Quelli che cadevano ci sembravano felici e già vendicati prima di morire. Si aveva come l'impressione di crummi[lare sull'orlo di un grande incendio e ad ogni paisso di stritolare sotto il piede urn tizz0111e a11dente. Ore di lotta accainita si alternavano a lunghe pau,se che noi occupavamo in marce e biv,acchi. Si attraversavano ogni tanto paesi imbamdierati. Gli uomini eramo vestiti a festa e le donne ve– nivano ,sull'uscio com la fiasca del vino. « Giungemmo così alla ma,ttina del giorno 4, e incominciò allora a circolare la voce che quel giorno sarebbe ,stato l'ultimo della guerra. Noi non volevalIIlo crederlo. Venine l'ordine di portarsi avamti il più possibile COIIl celerità ed a11dire, ma rsubito dopo, non si sa come, qualcuno disse nuovamente che eravamo alla fine e che alle tre del ,pomeriggio ce ne avrebbero dato l'aillllU!IlCio con le sirene . . Credemmo più all'ordine del Generale che a quelle voci, e infatti il reggimento rirprese la sua marda. Quel tratto di paese era piuttosto accidentato e insidioso. Ogni cirnquecento ,passi si incorntrava un ca- iblioteca Gino Bianco

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