Pègaso - anno I - n. 6 - giugno 1929

La Stella del Nord 725 nonostante le loro bestemmie, e tutti ci trasferimmo coo le nostre a11mi S'Ulla cresta dell'i:soletta, dove in mucchio dormivano i pri– gionieri. Passò così quella notte e il giorno seguente. Inutile che io stia a descriverli. Su tutta l'estensione de-I fiume, per quanto se ne poteva vedere, lllon rimanevamo che noi,. con l'acqua ai cal– cagni, su quel palmo di terra che d'a u!Il momento all'altro poteva essere sommerso come erano state sommerse ,e inghiottite 111ella notte ·tutte le altre isolette, e non si vedeva neppure un po' di schiuma dove le avevamo lrusciate la sera innrunzi con i vivi e con i morti. Verso le quattro de,l pomeriggio il bomba11d31Illento si diradò e si spense. Solo in fioche e lontrune onde co111tinuò la voce dei can– noni a rotolare per 'il cielo, come fan1I10 le tempeste quando stanche si sgroppano. I nostri prigionieri, accovacciati 111el fango, guarda– vruno con occhi pieni di sonno, inebetiti, i muli!Ilelli e i remoli della corrente paissare girando come trottole e filar via. I miei soldati .non potevruno star fermi un momento. Pestavano i piedi 111ella melma per inzaccherarsi, 1 si scambiavano pugni, insulti, ora cantrundo Di qua di là dal ponte, ora smettendo di cantare per tirar sputi nell'iaicqua, dicendo: - Tò, crepa brodaccia ingorda, fiUJIIlruna della malora! - Io non staccavo gli occhi dagli argÌlili, e mi domandavo che cosa mai fosse accaduto, e per quale miracolo da una parte non tirrussero al be11saigliosu di noi come alle pipe, e perché 'dail– l'altra 111emmeno un crune si facesse vivo. « Si venne così aid un'altra notte, e qurundo spuntò il terzo giorno, la pi0111a era calata molto. IncomÌlilciava a ria,ffioràre qual– che ciuffo di canllle, qurulche testa d'arbusto delle altre isolette, e questo vedemmo col primo balugÌ!Ilare dell'alba. Poi, nella luce sudicia che sembrav•a svruporare da tutta quell'aicqua giallastra, ci parve di scorgere sull'argi111e,quello nemico, di fr,onte a noi, alcune ombre, che presto presero corpo col crescere del giorno, ed erano i-oldati che ·sembravano intenti a stendere Uillfilo sul ciglio della scarpata. Quasi non volev31Illocredere ai nostri occhi, ma quei soldati non eraino nemici. Li avev,rumovisti mille volte, i !Ilostri guardiafili, con la loro statura piccola e mingherliilla, con quelle mosse agili e prudenti Ì!Ilsieme, uscir dai ripari per tendere e riannodare i loro fili sotto il fuoco, e nOlllpotevaimo sbagliarci. Ma DOill ci dettero nemmeno il tempo di riconoscerli, che già eram.o scomparsi dietro la scarpata. Poco dopo, a monte, dove il fiume spa– riva nella curva ,del gomito, non meno stupiti vede.mm.osfilare COlll· tro il fondo chiaro del cielo Ua'.lapiccola colollJila di carabinieri a cavallo che si movevano come giocattolini; e iper quiamto fossero molto lontam.i, le lunghe code dei maremmani, le alte selle, le lu– cerne a due punte, ce li fecero subi,to ric001oscere, ma artch'essi su– bito scomparvero dietro la scaripata. « Passammo co8ì tre o quattro ore di •SOglllO. I ,miei soldati vole- BibliotecaGino Bianco

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