Pègaso - anno I - n. 5 - maggio 1929

630 L. Russo, Fra,ncesco De Sanctis e la cultitra napoletana più umili. E infine il_ liberalismo ste_sso di destra trovaya nel!e altre parti d'Italia, e specialmente_ nel Piemonte e_ nella -~ombardrn, uno svolgimento più conforme all'mdole della Nazione, prn attaccato alle questioni concrete e di dettagl~~' J?iù li?ero dalle ideologi~ straniere, meno formalmente filosofico e prn ricco d1 sostanza: e solo ~n tal modo e attraverso questi nuovi divulgatori, quel tanto che pur v'era di nuovo e di yero nelle idee di Silvio Spaventa, e perfino in quelle d'un De Meis teorizzante intorno al Sovrano, si diffondeva e diventava patrimonio comune della cultura italiana. I pregi e i limiti della cultura napoletana si posson riconoscere chiaramente anche in quella che fu la sola voce meridionale che allora parlasse veramente e profondamente all'Italia tutta, voglio dire quella di Francesco De Sanctis. Il Russo anche qui insiste piuttoi-:to sui pregi, com'è naturale in chi òalla lunga consuetÙdine dello studio ha sentito crescer nel suo animo per la materia che viene a poco a poco illuminando una sorta di simpatia affettuosa e indulgente : ma dalla sua esposizione stessa son posti in rilievo, sebbene indirP-ttamente an– che i limiti di quella feconda e intelligente attività. Nella definizione infatti ch'egli offre del De Sanctis come educatore, ed educatore po– litico, sono implicite, non pur le qualità oneste e chiare della sua indole e della sua mente, bern;ì anche le manchevolezze o meglio i limiti dell'opera di lt1i, come critico, e le ragioni della diffidenza ed ostilità che essa suscitò a tutta prima non solo fra i retori, ma anche fra i letterati intelligenti, come il Carducci. Quel tanto che di astratto, di nebuloso, di sommario, d'improvvisato, di troppo generico non si può negare nella Storia letteraria e ne' Saggi critici del De Sanctis, e che gli derivò dalle forme e dalle tradizioni della cult1,1ra meridionale, non è certo la parte più viva dell'opera sua, e provocò, e doveva pro– vocare, una reazione non ingiusta. Vero è poi che quella cultura gli aveva dato anche altro: un'attitudine al ragionar sottile e logico, una conoscenza dei problemi estetici, una ricchezza d'interessi filosofici, che non potevan venirgli da altre parti. M,a d'altronde solo in quanto alla cultura filosofica napoletana egli sovrappose e fuse quella letteraria ed artistica, politica e pratica dell'Italia centrale e settentrionale (pur vedendole in modo unilaterale ed in parte arbitrario), e uscendo fuor de' confini della sua provincia volle comprendere e assimilare le espe– rienze già antiche o nascenti della democrazia politica, del naturali– smo filosofico, del realismo letterario, e accostarsi alla vita delle altre regioni e collaborarvi, solo in quanto egli seppe « dare alla sua attività - come dice anche il Russo - un ritmo meno napoletano e più nazio– nale>>, egli riuscì a parlare veramente à, tutta la Nazione. Nel nome del De, Sanctis (che preferiva pubblicar le 1 sue cose nella Nuova Antologia anziché nel Giornale napoletano e incoraggiava il Fanfulla della Do– menica del Martini, mentre gli amici meridionali vi contrapponevano, diretto dal Fiorentino, il Giornale napoletano della Domenica), pur attraverso superstiti e vane resistenze, già la c,ultura del Regno di Napoli s'innestava utilmente in quella comune d'Italia. '-- NATALE SAPEGNO. Bi:blioteca Gino Bianco

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