Pègaso - anno I - n. 5 - maggio 1929

V. ALFlERI, Comme.die a quel suo ti·oppo ptecipitoso e soverchiaJJte comporre. Delle quattro pri:rne commediè, a ogni modo, quelle politiche, non séi può dire che tutto sia inferiore: l'ultima, V-Antidoto, ha scene piccanti - ma è tor– bida la struttura: le altre hanno talvolta anche pregi parziali, specie in certi «assieme)), dove la rapidità e concisione aHieriana trova modo di attuat,si senza ostentazi<;me e senza impegno, ma non salvano il la– voro intero. Dico però che, se non proprio nell'idea politica che l' Al– fieri vuol satireggia1·e, in alcuni personaggi che starebbero a simboleg– giarla, le stonature di lingl;laggio, come quel fiorentinesco pa,rlare in bocca, per esempio, di greci e persi e romani d'alta statura, e perfino i modi dialettali più piatti, se non fossero ingenui artifici, o volgari scherzi, avtebbero cli per sé potuto fornuu·e la maggior leva dellà satira, e solo a tmverso lo stridio di poche pa.role, senza parere, far sentire o la sproporzione, o la vanità, o la falsità di quella gente, e lontano, pronto, il vigile riso dell'artista. Mal' Alfieri non aveva, né poteva avere, complicatezze sì raffinate, e il gusto d'un grottesco così fuori tempo: e sia come non detto. Neppure aveva fantasia per cingere d'un alone di vita le_sue creature, con l'atmosfera: che vibra tutt'intorno alle cose , fortemente immaginate (Ii.elle 1'ragedie c'era-, in còmpenso, una irra- . diazi.one che moveva da quelle grandi figure solitarie, e un precipitar delirante di avvenimenti ancor più grandi)". Qu.i rimangono solo poche scene (un puro segno di técnica), e certe pitture di caratteri non pro- . prio in azione, ma intravisti di tra le parole d'altri, e un epigrammatico sale, e il dispetto e il disprezzo accennante in alcune fuggevoli pause, e magari soltanto nell'invenzione dei nomi e nel loro sottinteso signifi– cato . .l:Utroriamo insomma l'un Alfieri, quello delle Satire e della Vita, coi suoi umori, col suo genio dell'incidere profondo, non già l'altro che pur seppe -dar vita e mandar vive pel mondo delle creature. Tanto, del resto, s0n poco realizzate queste· commedie, che non è raro trovare in nota, nelle note in prosa e negli appunti, chiariménti alle intenzioni di quella data scena, di quella data << battuta JJ, che valgono certo più, e ~ fanno scrupolo a lloi tardi lettori di concedere c.he ben a,ltra cosa 1 forse poteva nascere, -se questo lavoro fosse stato condotto con più calma, o con più calma rifatto, e guardato con quella libertà,, di fantasia che l'artista solo ritrova in un certo distacco dalla sua fatica; , . Pure, s'è detto, una commèdia, che fii l'ultima in ordine di tempo, è quasi tutta perf.etta: il Divorz'io. Ancora quello era un argomento elle poteva toccarlo, e ·certo da- vicino. lo tocca,va: d'ambiente italianò, di costume italiano, d'intonazione morale._ Le priine quattro oramai, ri– petev;wo temi" dai quali, a mano a :mano,, s'era distacca.to cogli anni; e solo l'Antidoto, forse, per trattare. qualcosa di. più còncreto,. positivo, ha un certo rigoglio fanta.stico saltuario, pnr con un disordine di con– dotta che grava. e confonde la vicenda, e dà un sapore astratto, senza neppur quegli afoti che dalle astrazioni possqno nascere in menti più complicate, all'arguzia di una trovata che di -scena in scena si fa sempre più solita,, inve_ce di crescé la me-raviglia, e termina alla,. fine in un freddo commento. Si pensa, e si è nel vero, che da un'idea così potev.a venir fuori, tutt'al più, un epigramma (o una, serie di epigrammi), un BibliotecaGino Bianco

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