Pègaso - anno I - n. 5 - maggio 1929

.. " LETTERA A GIOVANNI PAPINI. Caro Papini, non 1·isponde? « Rispondo ii. Risponde? « Non rispondo. J> Sono sfati troppi, d'accordo, questi contradittori, e i più, invece del suo scritto Su questa letteratiira 1 ), devono aver letto soltanto i com– nienti tutE fumo e fiamma con cui taluni innocenti salvapopoli. hanno confuso fa, vista dei lettori. Adesso che la fiammata s'è spenta anche se il fumo non s',è tutto dissipato, bisogna pure che tra lei e me si ri– solva una questione di calendario, sottolineata dai più di quelli d.nter– locutori. Ella scriveva (ma la credevo un miglior profeta): « Non credo che molti mi daranno addosso se m'arrischio a dire che la letteratura italiana, oggi, somiglia piuttosto a un campo d'ottobre che a un ea,mpo di maggio. >J E io, poche pagine dopo: « La nostra letteratura è in una stagione marzolina, più bocci e gemme che fiori e frutti; ma, per chi sa guardare, sono bocci promettentissimi.» Ottobre, marzo: non c',è che dire: se si trattasse degli orehi del corpo, o lei o io dovremmo <:orrere dall'oculista. Per fortuna, si tratta degli occhi della, mente ai quali dobbiamo la gioia dell'illusione; e possiamo l'uno ~ l'altro tenerci alla nostra sta– gione confessando che dev'essere una questione di temperamento più che una questione di temperie. Io, vede, se mi trovo in mezzo alle rovine del Colosseo o delle Terme, posso, nei giorni buoni, arrivare ad illudermi che quelle sieno non le rovine ma, gl'inizi, abbandonati per pochi giorni, d'una fabbrica maestosa ed esemplare e che tra alcuni mesi, ripresi i lavori, la fabbrica sia per~essere compiuta e stupenda. Giochi, dirà lei. Può darsi; ma appunto perché hanno guardato con questi occhi di fede quelle a,rchitetture in sfacelo, Michelangelo o Ber– nini hanno potuto immaginarsele vive e farle, a loro modo, rivivere nel– l'architetture loro. Per me, s'intende, è un gioco di miraggi e di sospiri; per quei sommi ,era un fatto della creazione. · Intanto, di due consigli ai giovani scrittori dovrebbero esserle grati tutti quelli che hanno un poco di giudizioso amore per le nostre let– tere. Il primo è stato quello cli non avvolgersi più nel gergo filosofico come i fantasmi nel sudario, anche perché questo gergo non spaventa più nessuno nemmeno i giudici nei concorsi per le scuole medie e, se qualche lettore spalanca la bocca, non la spalanca più per la mara– viglia ma per lo sbadiglio, e nella nostra, storia letteraria la mascbe- l) In Pègaso, anno I, n. 1, p. 29. 39 - Pègasn. BibliotecaGino Bianco

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