Pègaso - anno I - n. 5 - maggio 1929
J 604 V. Fraoohia parra. E sarrunno due centoni, se non mi bocciano . ..,.__ Io noo sono stato imboscato per tua regola, io ci devo ancora andare, rispon- ' ' . deva con :fierezza Benedetto. Piuttosto, che fifone sei tu, se uno straccio d'esame ti mette tanta paura? - Hai r31gione, bello mio, ma vedi ? io non ne ho colpa. L3issù mi sento un leone, e qui una pecora. - E Benedetto tutto contento correva a casa o si rintanava, per ore ed ore nella deserta biblioteca, e lì, ai piedi di un gran busto marmoreo, raffigurante un bell'uomo dell'Ottocento a torso nudo e con folte basette, che per tutta iscrizione portava incisi sulla base quattro monosillabi : EST EST NON NON lavorava a guadagnarsi il pane con un'arte più nobile di quellt1i del sartore. XXXIV. In quegli stessi giorni la famiglia Iupiter si trasferì dalla Co– rona di ferro in una piccola casa alla quale anche noi potremmo dare il nome di villa, se non si tra.ttasse di uria vecchia fattoria ri– masta, con il suo modesto e rustico aspetto, qual'era al tempo in cui intorno non aveva che c31IDpie vigne, e se fin da allora non fosse a tutti nota come la Caisa dalle Betulle. Infatti una volta lì presso scorreva un fiumiciattolo e la casa era circondata da un bel bosco di betulle bianche, di cui ormai non si vedono che due magre file ai lati del cancello. Sui prati di un tempo sorgono ora alcune grandi case moderne di cinque o sei piani ; e forse a cagione della loro bruttezr;a. quello passa per uno dei quartieri eleganti della città. La povera Casa dalle Betulle rimane un l)O' soffocata da quelle , alte fabbriche. Ma ha ancora il pregio di ,starsene sola e tranquilla in un cantuccio, con un'unghia di giardino intorno e il verde tanto gentile di quei pochi alberi. In ogni modo, quando il maggiore lupi- . ter e la signora Celeste; a braccetto come due sposi, egli misurando il suo passo di montanaro su quello di lei saltellante e breve, anda– rono a visitarla, furono tutti e due subito conquistati dal senso di raccolta pace che spirava in quell'angolo nascosto del mondo. Egli parlò di un nido, essa d'una capanna, e tutti e due sorrisero strin– gendosi dolcemente la mano dietro le spalle della loro guida. Era in realtà una capanna spaziosa, dove tutti avrebbero potuto trovare posto comodamente, anche Massimo quando sarebbe tor– nato, e dove una vecèhia rimessa, addossata al muro del giardi– netto, sembrava fatta apposta per dare alla signora Celeste la gioia di vedervi confinate quelle faJmose pietre e tutti gli altri ingre– dienti, e al maggiore Iuipiter il sollievo di poter pestare il suo mor– taio, bruciare la sua carbonella, il suo sal borace o sal di fosforo senza infastidire nessuno. Il nonno avrebbe fatto i suoi quattro Biblioteca Gino Bianco
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