Pègaso - anno I - n. 4 - aprile 1929
502 R. BACCHELLI, Bella Italia -- La città degli amanti Difatti, Bacchelli viaggia senza aver tropp? l'aria di « analyser, distinguer, ràisonner » che fu ostinato obbligo del 'l'aine; né d'altra parte l'andare a diporto ha mai significato per lui, dico Bacchelli, far del cosi detto « colore ». La storia egli l'ha in casa, e spesso si lascia andare a trattarla, insieme con gli uomini che l'han fatta, come fac– cenda pressoché familiare, ma con tutto il rispetto dovuto alle qualità di coraggio, virilità, maschiezza e ostinazione di quelli che la fecero; e il paesaggio non ,è spettacolo mirando di per sé, ch'è cosa da puro ed -ebbro romantico, ma ci trova dentro l'uomo coi suoi costumi, la civiltà con le sue opere e leggi, l'umanità. . Da questo deriva, per un lettore un po' accorto, il piacere che si prova a leggere, e, nel caso nostro a ritrascorrer con l'occhio, queste pagine della sua Bella Italia. Pagine che vedemmo tutte su giornali, e che raccolte in volume, se ci sembrano un poco folte, non sono tuttavia ridondanti. Monotonia di temi e di motivi non c'è. Per sfuggire a questo , pericolo Bacchelli ha provveduto intercalando ad argomenti di paese, a descrizioni agiate e di quadrato andamento stilistico come son quelle della Gita sull1Etna, dei Mille rivi ~l Garda e delle Rose di Pesto, che son le migliori, novelle e racconti, non tutti invero di eguale felicità in– ventiva e di compatta stesura, ma nessuno privo di qualità, o almeno di particolari gustosi, o di considerazioni e riflessioni in margine al fatto narrato, dove il sentenziar di Bacchelli, quel suo modo esperiente e succoso, non di rado paradossale ma raramente sofistico, di ragionar breve e pacato, acquista lume e giustezza d'accento e di riliev~ dal fatto stesso che gli ha suggerita la sentenza. Ma s'era finito appena di gustar queste prose, e certa lor volu– minosa pienezza e lentezza d'andatura - e pareva d'andarcene sulla corrente d'un fiume serpeggiante pigro per campagne ubertose spec– chiante cieli e nuvole e qua un bosco e là un edificio storico sulle. sue rive - che il fecondo 'Bacchelli c'è di nuovo, direi, addosso con un altro romanzo, La Città degli Amanti. Egli ci avverte che La Città de– gli ama.nti si trova « nell'atlante dei sogni e degli errori». Romanzo dunque d'un paese immaginario, di fantasia? e insieme, badando alla parola «errori))' di satira sociale e di costume? Alla narrazione di fa- 1 vole non ingenue, dense di presupposti morali, egli s'era già provato felicemente con Lo sa il tonno. Le prime pagine del romanzo, dove s'as– siste a una conversazione fra un pittore americano senz'arte né ingegno e un giovine miliardario americano che lo mantiene e gli ho messo su uno «studio>> di finta bohème, trovata tipicamente all'americana, ce lo confermano, facendoci insieme pensare : ècco Bacchelli che torna ai vecchi amori. Difatti, Bacchelli narratore puro c'è sempre parso un'ec– cezione, e quasi un riposo del moralista vario, sano, piacevole e garbato ch'è in lui. Che ora si facesse «storico» com'egli dice, o narratore d'una favola bizzarra di materia sociale non era dunque cosa da stupire chi conosce le profonde predilezioni di questo scrittore, anche quando le maschera sotto specie favolistiche e tipiche. Il pittore c'è apparso quindi subito come uno che dovesse rappresentare in atto uno degli «errori» della vita moderna : quello di voler fare a,rte per forza di sola volontà BibliotecaGino Bianco
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