Pègaso - anno I - n. 4 - aprile 1929
\ f B. CROCE, Storia della età barocca in Italia .499 il piacere come scopo del poeta, e per piacere intendeva (seéondo le parole del Marino) un « titillare le orecchie dei lettori colla bizzarria della novità. » Per reagire, coloro che, disgustati della poesia barocca e delle teorie barocchistiche, cercavano di contrapporre ad esse un concetto più sano e più elevato della poesia, tornavano da capo alla teoria dida– scalica, all'ammaestramento per mezr;o ·del diletto. Un avviamento a uscir fuori dal dilemma male impiantato dell'edonismo e del moralismo si ritrova ;in Sforza Pallavicino, lo stesso della storia del Concilio di 'i'rento scritta a confutazione di quella del Sarpi il quale nel suo trattato Del bene distingue, come modo particolare e primo grado del conoscere, la « prima apprensione», che è semplice rappresentazione dell'oggetto senza giudizio sulla sua realtà; ed a questa prima apprensione riporta la poesia. E, insomma, l'abbozzo del concetto dell'arte come « intuizione pura» .. Ma il germe nuovo to~n:;t ad imbozzolarsi, in quanto il Pallavi– cino finisce per confondere quella « prima apprension~ >> con le fantasie dilettose dell'edonii;;mo. 1 · Qualche cosa il Croce dice anche dei trattatisti, critici e storici delle arti figurative, collocando nel posto più alto il Bellori, che è già 1 sul limitare dell'età postbarocca: le sue Vite de' pittori, scultori ed ,. architetti moderni rompaiono nel 1672, e il rinnovamento della vita spi– rituale italiana s'inizia per il Croce appunto intorno al 1670. Ma; non avendo trattato dell'arte secentesca, naturalmente il Croce non poteva dìfl'ondersi neppure sulla critica d'arte. Certo, quelle idee estetiche intornio all'arte come diletto e «meraviglia», al gusto, all'ingegno, ' riceverebbero maggior luce, acqu:istando aspetto più concreto, ove fos– sero studiate in confronto della pittura, scultura e architettura contem– poranee. Quale migliore esemplificazione dell' «ingegno>> e della« mera– viklia » di un Bernini .o di un Borromini ? La seconda pa:rte del libro del Croce, dedicata alla poesia e alla letteratura, ~omprende tJ_uasi la metà di esso. I materiali inèssi in •opera qui sono meno nuovi : la letteratura secentesca propriamente detta ,è campo assai più esplorato che non il pensiero filosofico e storico 1]el Seicento. Pure anche qui, se non l'inedito V8<-'0 e proprio, il poco e pochissimo noto non manca davvero : a incominciare dalle due pagine vive e commosse dedicate, nel segnare il passaggio dalla poesia del Cin– quecento a quella del Seicento, ai versi del Campanella, « un fra Iaco– pone dei nuovi tempi. >> Vien tratto qui dall'oblio polveroso il poema 1 epico Boemondo del Sempronio, giudicato superiore alle « insipidezze braccioliniai;ie >> • e si richiama, fortemente l'attenzione sulle tragedie <<affatto ignote>; dell'astigiano Federico della Valle, la Iudith, l'Esther e la Rei'na di Scozia la quale ultima, naturalmente, è Maria Stuarda. Né minore impressio~e d'inedito fa il 1carcl. Delfino, vescovo di Vicenza, colle altre tragedie Creso e Cleopatra. La maggiore rievocazione cro– ciana della letteratu;ra del Seicento (sebbene qui si tratti di autore assai meno' dimenticato almeno nel nome), è pur sempre quella del Basile e dei SIUO Curdo de' li cunti. È riprodotto qui lo studio P,Ubblicato già come introduzione alla traduzione italiana, da.fa. qualche anno fa· dal Croce stesso.· ibliotecaGino Bianco I
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