Pègaso - anno I - n. 2 - febbraio 1929
21-! U. Fracchia quella fucilata. Incominciò a circolare la voce che, stuccato della sua avarizia, avido delle sue ricchezze, le quali erano molte in realtà, io, con un ramicello, con un dito, mentre egli frugava nella caruna del fucile, :weva colto il destro per far scattare il grilletto. « Ohi mi conosce, mi vede come omicida, peggio, come camefice del proprio padre! Ma, tant'è: l'umana malvagità non ha limiti umani. Quest'atroce leggenda si diffuse ben presto per tutto il paese, sebbene io non ne aves si il p iù lontano sentore, poiché se tutti ne bisbigliavano, nessuno o.sa -vaparlarne ad alta voce. Anzi io mi stupii di sentirmi a, un t ratto c ircondato da un'aura di sim– patia e di popola-rità alla quale certo, prima-, non avevo l'abitudine. Uscendo di casa, non incontravo che persone le quaJ.i mi saluta– vano con il più profondo rispetto. Attribuivo il merito di quelle manifestazioni di stima al mio abito nero e al oompianto che ispi - rava la mia con,dizione di orfano. Le ragazze mi sorridevano dai davanzali delle finestre, e persino htsciavaino cadere un fiore nella miia carrozza. Inta,nto, ritrovandomi improvvisamente ricco, libero dalla servitù in cui m'a,veva tenuto mio padre e senz'altra guid.1 che il debole senno della mia povera mamma, mi diedi a godere sfrenatamente la vita. « Debbo dire che io sono nato prodigo, come mio padre ern nato avaro, ment!e i miei figli sono naturalmente avari forse più del loro pover-o nonno. Ho tre figli : un maschio ,e due femmine. Ma procediamo con ordine. Persuaso che il moll},do fosse da ven– dere e che le mie ricchezze dovessero bastar,e a comprarlo, detti uu addio agli studi, gettai i nostri trattati alle :fìamri:lee cercai di dimenticare anche il poco che sapevo dai libri. AvrelÌ. probabil– mente dato fondo in pochi anni a tutto il mio patrimonio, se no11 mi fossi innamorato, sei mesi dopo la morte di mio padre, di una ragazza che non era né nobile né ricca, e che io volli ad ogni costo sposare. Mia moglie infatti non mi amava, ed io commisi 1e più grandi pazzie ,per costringerla a quest'unione, offrendole a piene mani tutta la mia fortU[la. I suoi genitori, i fratelli, le sorelle, le zie, i cugini, tutti tenevano dalla parte mia, e se ne capisce il per– ché. Alla fine Guenda si arrese. Dopo il nostro viaggio di nozze, che fu breve, io la condussi qui. Allora feci restaurare questa casa, da un architetto di grido feci costruire le due ali che la :fiancheg– giano, feci coltivare questo giardino riempiendolo di piante rare, e incominciò per me una vita, nuova di gran signore di campagna. « Non credere che io mi vanti, se m'esprimo così, in una formZL: che può sembrare volgare, parlando della mia vita in quei primi mesi di matrimonio. Qui c'erano sempre in scuderia tre o quattro superbe pariglie e una dozzina di cavalli da sella; avevamo una, servitù scelta fra la migliore; la tavola era sempre imba,ndita. BibliotecaGino Bianco
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