Pègaso - anno I - n. 2 - febbraio 1929

UN EPISODIO INEDITO DELL'" ORLANDO FURIOSO». DAGLI AUTOGRAFI ARIOSTESCHI DELLA NAZIONALE DI NAPOLI. Cinquantadue anni fa, nel 1876, Carlo Padiglione, noto erudito, pubblicava qut in Napoli un grosso volume in-16° di 907 pagine, che a,yeva per titolo: La· Biblioteca del Museo Nazionale nella certosa di San Martino in Napoli ed i suoi manoscritti esposti e catalogati. Nel. diligente indice alfabetico del suo volume, certamente frutto di lunghe e amorevoli fatiche di studioso, egli indicava: « Ariostii o Ariosto (Lu– dovico) autogr. perché ritenuto, pag. 14, 15 ». Alla fine di pag. 14 ed al principio della seguente, il bibliografo spiegava che l'autografo ario– stesco era stato ritenuto ii.ella bibliotecà napoletana, « perché rarissimo presso noi come scrittura di mano dell'Ariosto, e perché preceduto da una nota del padre Ludovico Antinori >>. Rarissimo? Sembra dovesse dir unico, piuttosto. Comunque, il bravo Padiglione, nelle dette pa– gine 14 e 15, sotto il numero 18 (ora 353) descriveva accuratamente_ il manoscritto cartaceo del secolo XVI, e informava come fosse stato dato in Ferrara nel 1640 al padre teatino Lodovfoo Antinori, dagli eredi del– l'Ariosto, e fosse poi passato dalle mani 1 del fam'oso predicatore na– poletano, il 15 giugno 1641, alla biblioteca del convento teatino dei SS. Apostoli in Napoli, donde poi era pervenuto alla San Martino; e cos;ì via, parlando per più d'una pagina di fitta stampa. Ma nessuno lesse, o, leggendo, non credé, forse sorridendo ùella credulità del bibliografo dabbene; e forse anche ebbe qualcuno un piccolo ghigno per i Napo– letani chiacchieroni. Nessuno, del resto, dovette spingersi a chiedere in esame il manoscritto; il quale gli avrebbe sorriso già dalla rilegatura in bella pergamena di cm. 33 x 23, su cui è attaccato un cartello rosso– sanguigno orlatò d'oro, e vi si legge in lettere auree: « L. Ariosti - Ot– tave autografe». Ma forse un torto l'ebbe lo stesso Padiglione, non segnalando quegli autografi, di persona e con insistenza, ai letterati napoletani del tempo, e in genere ai letterati italiani, od anche fore– stieri; o se lo fece, bisogna pur riconoscere che fu sfortunato, perché quelle trentasette ottave sono, fino ad oggi, sepolte nell'oblio. E la miglior prova di ciò è che i due maggiori letterati di Napoli, Bene- BibliotecaGino Bianco

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