Pègaso - anno I - n. 2 - febbraio 1929
G. CoMrsso, Gente di mare\ 249 piazze-, appena han servito, spariscono rapide, come scene e _fondali. Come attraverso un giuoco illusorio di specchi, il moro e Ja sua oinbra appaiono, scompaiono, riappaiono, corrono via, precipitano alla loro fine. Come è bravo Vergani ! , Non tanfo, tuttavia, che noi non ci si accorga che la scena, così pi– rotecnicamente accesa, resta vuota. Il vero protagonista non è più , George; il moro, è la boxe. Del moro seguitiamo a vedere e a rivedere .fino all'ossessione la faccia nera, il pugno vibrato; ma cli lui, proprio di lui, non sappiamo più nulla. Vergani finge di dimenticare che altro– è film, altro è romanzo; una cosa è l'arte,• altra cosa la boxe. Vero è che alla boxe nel suo roruanzo egli affida una funzione di deus ex ma– china. E per noi che non siamo strapaesani (o tanto lo siamo che ci pare anche inutile il dirlo in un romanzo) tant'è il ring che il pallaio delle - bocce, tanto vale la boxe che l'antica corsa nei sacchi. Ma non più. -Bocce o boxe han da valere per quel che sono, han da restare al loro posto. Vergani in.vece, un po' da burla un po' sul serio, sembra voler conferire non so che valore trascendente, mistico, ai riti deJ ring. (< Vivono i bo– xeurs in un mondo forsennato e paziente come i pionieri di l)na nuova ra7,za elle un giorno invaderà il mondo e stabilirà in mezzo ai crocicchi i rings innanzi ai qualì si-farà la coda per poter salire .... » Anche que– sta s'avrebbe a vedere prima del giorno del giudizio"! Lo so che Ver– gani scherza. Ma da troppo tempo questo scrittore gioyane e bravo e fervido spreca nello scherzo, nelle vanità, nelia moda, un ingegno che potrebbe mettere a miglior frutto. Vergani a ogni costo vuole aggradire, vuol piacere. Ohe è onesto desidtrio, -fino a certo segno, ma da perse– guirsi, con ,accortezza. Essere alla moda e durare : il problema è qui. E per durare, la ricetta migliore è ancora quella che ne dette un tale che ci riuscì : ~ Bisogna dare al proprio tempo non ciò che esso chiede, ma ciò ch'esso vorrebbe aver chiesto. - PIETRO p ANCRAZI. GIOVANNI CoMrsso, Gente di mare. - Treves, Milano, 1929. Lire 12. Il premio Bagutta è caduto bene. Organizzato-e attribuito da gio– vani scrittori, il premio ha riconosciuto uno scrittore giovane. Che è bene. Il libro premiato è davvero un fresco e bel libro. Ohe è anche - meglio. Ma sopra tutto piace che un premio di giovani abbia tono augu– rale, riconosca, sì, il passato, ìl _già fatto, ma ipotechi in qualche modo il futuro. E tra gli scrittori giovani, nessun6 promette tamo quanto Comisso. Può darsi che l'opera di altri, forse tra- gli stessi concorrenti al premio valga la sua. C'è chi, più di lui, ha esperienza e cose da dire, chi megli~ di lui equilibra il capitolo e la pagina; altri è scritto're più sicuro più proprio. Ma Comisso ha più di tutti, l'.5.lan, il gusto di vi– vere la franchezza nell'avventura, il piacere del pericolo. E a questa ene/gia egli mescola una specie di sua noncuranza, o dolcezza dilettosa, o finta pigrizia. Come nessuno, insomma, Comisso possiede quel « che» che_si chiama la gioventù. Stagione che ogni scrittore ha goduto, elle
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