Pègaso - anno I - n. 2 - febbraio 1929

ARTURO ONOFRI. A chi, come noi, seguì costantemente l'attività poetica di Arturn Onofri, da quando si ebbero le prime.. vere promesse, resta partico– larmente difficile scrivere in questa triste occasione della morte. La schiettezza dei giudizi, che fu buon lievito alla lu_!lga amicizia, può sembrare sterile risei·bo, ora che l'opera è troncata. D'altra parte sappiamo come l'Onofri spregiasse le adesioni superficiali; e nulla ci convincerebbe ad assumere l'abbondevole tono che sembra di regola in tali circostanze. Il concetto che abbiamo del poeta, risulterà, frattanto, da qualche considerazione elementare; e ci par difficile che tutti, di qual– siasi frazione o fazione letteraria, non ne convengano. Onofri è stwto uno, e non il minore, dei quattro o cinque lirici che si hanno oggi in Italia. Per l'assolutezza della vocazione, e il fervore nel quale egli si consumò, si possono_accompagnargli soltafl.to , da lui e fra loro diver– sissimi, il Saba e l'Ungaretti. Senza voler ritracciare, punto per punto, la sua carriera, ma a di– mostrare la coerenza del temperamento, gioverà 1·icordarsi come accenti e motivi d'uno spiritualismo, che fu considerato la «rettorica>> del– l'Onofri più recente, compaiano nei versi d'esordio, dove non sarebbe difficile indicare anche somiglianze col ù' Annunzio di Elettra. Non si trattava, beninteso, di dannunzianismo volgare. E meglio si direbbe che, esaltandosi su Michelangiolo, Beethoven, Wagner, Nietzsche (nel senso che questi grandi nomi assunsero nella chimica culturale tra il 1900 e il 1910), l'Onofri riproduceva nativamente il processo formativo di certo spiritualismo dannunziano. E con quale ardore. Di rado un fedele pregò con tanto convincìment-0, nel più tenace rifiutarsi della grazia .. Ma anche ai primi segni (1914) che la fatica non era in tutto vana, si doveva constatare come il fantasma poetico restasse gravato d'ombra e malinconia, che erano, in fine, il segno d'una identificazione approssimativa. Era l'età «critica» òello scrittore, affaticato a perfe– zionare i propri strumenti; e si scorgeva in pagine sulla stilistica del Flaubert, del Mallarmé, del Olaudel e del Pascoli; certamente fra le più sottili analisi tecniche pubblicate in quel tempo. Non faceva meraviglia, leggendole, che a forza di consapevolezza e di precauzioni, quando pas– sava all'esercizio dell'arte, l'Onofri restasse in qualche modo para– lizzato. Una chiarificazione si ebbe in Orchestrine. Orma,i l'Onofri « realiz– zava » ; ma avendo ristretto al minimo il proprio campo. Pareva ca– duto in pieno frammentismo. In realtà, non credo avesse fatto rinunce. Si trattava, piuttosto, che, aù esser sicuro di realizzare, egli portava BibliotecaGino Bianco o

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