Pègaso - anno I - n. 2 - febbraio 1929
La Stella, del Nord I che cosl:!1sia U11avoce ca,ìunniosa, per tenere il mm1mo conto di questa; e d'altra pa,rte io stesso allora non avrei dato due soldi della mia vita. Guendalina non solo fu la mia salvezza durante quei due aDlili tribolati, ma i miei figli trovarùno in lei una seconda madre quando Guenda, poveretta, se ne salì in cielo dando alla luce una seconda bambina, alla quaJe fu imposto il nome, ahimè, troppo giusto, di Dolores. Questa nascita seo-uì di alcuni mesi un mio secondo incontro con Guenda, avvenut; in circostanze piut– tosto strane e imprevedute. Un giorno, mentre me ne stavo tri– stemente solo nella mia. capanna a meditare sui casi della mia vita, Melaimpo, il mio cane, si mise ad abbaiare furiosamente. Mi affacciai all'rupertura che mi serviva, nello ,stesso tempo da finestra -e da porta, e con mio grande stupore vidi una carrozza che lenta– mente si avvicinava, trascina,ndosi sul terreno Ìilleguale dell'argine. Ancora più stupito rimrusi quando essa ,si fermò, e ne vidi scen– dere U[la .signora vestita a lutto., che subito rico1I1obbies.sem Guenda. « Essa venne a me, si gettò fra le mie braccia e, piangendo, mi disse di aver fatto un ,sogno. In questo sogno aveva veduto chei io 1 la tradivo con un'altra donllla. La scena si svolgeva proprio 1I1ella - mia capanna, che essa ora riconosceva in ogni particolare. Quella donna voleva la sua morte, di lei Guenda, per avermi tutto per sé; e dopo questo sogno sentiva che la sua fine non sarebbe stata lontana, se, troncando quella separazione, noi non fossimo su, bito tornati a vivere insieme. Aggiunse che avrebbe agito contro la -volootà di .suo padre e a costo di qual,siasi sacrificio. Questa volta dovetti consolarla io, e quantunque il mio desiderio di uscire da quello .stafo miserando e di riunirmi con lei e con i miei figli fosse, cOIIIlesi può immaginare, fortissimo, commisi l'imperdona– bile errore di resistere aUe sue preghiere, dicendole che solo qua1I1do il mondo intero, incominciando da suo padre, il Generale, si fosse jpersuaso della mia innocenza, e quindi del profondo disprezzo in cui io tenevo le mie ricchezze, avrei co1I1sentito ad abba1I1donare la mia capanna per tomi.are a v·ivere in questa- casa, nella maggiore modestia, il resto dei miei giorni. È certamente p-.;terile credere ;i,i sogni. Sta di fatto che il sogno di Guenda, per qualilto riguardava la sua prossima fine, -si a,vverò-1nel modo che ho detto. « Eccomi dunque con tre figli piccini sulle braccia, il maggiore di due runni, l'ultima appena nata. Alla vita ·del penitelllte non era più il caso di pensare. Di lasciare i mieri.figli in mano ai parenti di mia moglie, con quel sentimento di rancore e di rivolta che, dopo la morte di Guenda, si destò prepotentissimo in me sino a rendermeli odiosi IIlon poteivo pensarlo nemmeno. Accadde che ' . 1 in quei _giorni anche Guendalina mise al, mon~o ~n bambm:io, a .quaJe fu dato il nome di Benvenuto. Bisogna. grnd1care CO[l mdul- biiotecaGino Bianco
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