Pègaso - anno I - n. 2 - febbraio 1929
220 U. Fraooltia gettargli qua.Icbe bocco[le di pane; e poi, vedendolo ma[lgiare, [lOn potei IJ)iù resistere e ne mangiai anch'io. « Poco tempo dopo, a colmare il mio dolore e ad ac,crescere i_ miei rimorsi, la mia povera madre morì. Feci in quella circostanza tutto quanto il mio dovere di figlio mi imponeva di fare. Vollì che i suoi funerali fossero splendidi e [le seguii il feretro da questa casa al cimitero, a,ttraverso tutta la ~città, mezzo scalzo e CO[l il mio abito ormai ridotto a brandelli, suscitando la più g-rande me– raviglia in quanti mi videro passare .. Dietro di me venivano mia moglie, e il Generale suo padre, e i fratelli ,di lei, tutti vestiti inap– puntabilmente di nero; ed il contrasto doveva aipparire così vivo, che molti senza, dubbio, vedendomi in quel triste arnese e oon quel cane famelico alle calcagna, mi avranno scambiato per un [Povero pazzo, e non è detto che io [lOn lo fossi realmente. Il mio incontro CO[lGuenda fu, posso dire, drammatico. Io non le facevo nessuna colpa di essersi allontanata da me, [Perché a me solo, o ad un mal– vagio destino,· attribuivo alloYa tutto il male che dovevo soppor– tare. L'amavo sempre con tutta la passio[le che essa aveva saputo ispirarmi e volli avere oon lei un segreto colloquio. Ci ritrovammo quella stessa notte in una piccola serra che è in fo[ldo al giar.dino. Seppi che il nostro bambino, Marcello, cresceva stento e mala– ticcio, e che tutti vivevano i[l grandi ansie per lui. Guen,da mi giurò che credeva ciecamente alla mia innocenza e, poiché piangevo e mi disperavo fra le sue braccia, fu molto buona con me e fece di tutto per consolarmi. Mi supplicò poi di abbandonare quella vita, ma io le risposi che non era ancora il momento ; e che in ogni modo non sarei mai ritornato a vivere in questa casa se non con lei e con Marcello. Ci separammo all'alba, e da quella notte di lagrime e di lutto doveva nascere alcuni mesi doipo una bambina, alla quale fu da1io il nome di mia madre : Annamaria. « Non voglio ora rifare giorno per giorno la storia di quei due intermina;bili anni. Mentre qui si era. ristabilito il deserto, quanto più squamdo di quello ohe vi aveva lasciato mio padre! io tra– sci[lavo tristemente i miei giomi in compagnia del mio cane Me– la:mpo, ormai ridotto io stesso molto meno di un uomo. OOIJlle Guendalina abbia a,vuto la costanza di venire ogni giorno e due volte al giomo per due anni consecutivi, o piovesse, o tuo[lasse, o [levicasse, o faoesse bel tempo, a cibarmi come si fa con un bue o una pecora rognosa, o con i polli della .stia, è cosa che io non posso spiegarmi se non attribuendole un sentimento umano supe– riore a quello che generalmente si incontra nelle persone di una certa categoria, .siano esse donne o uomini. Ora dico[lo che Guen– dalina fu guidata solo daU'interesse, poiché saipeva che così avrebbe provveòuto per sempre a1 proprio avv.enire. Ma io so troppo bene BibliotecaGino Bianco
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