Pègaso - anno I - n. 2 - febbraio 1929
La Steila del Nord 2m fare a meno di osserva,re il maggiore Iupiter -a questo punto. E, di~creta:mente, guardò l'orologio. · - . - Purtroppo niente che non sia-banale, - disse il conte Pepi : - Ma non è tutto. XIII. «Due-anni, dico due am.ni interi, - continuò a raccontare condussi quella vita di lebbroso così poco conforme alla mia' na– tura. Avevo giurato di non mangiare più del mio pane di non toccare più nulla di quanto aveva apparteinuto a mio pa,dre, e· in un testamento, già co1I1segnato al notaio, a,vevo scritto che, mo– rendo, avrei voluto usufruire deI privilegio dei poveri, i quali ven-– gono .sepolti 1I1elcamposanto comune a spese ,del mU1I1icipio.Nei primi te'l';lPi mi nutrii di radici, di frutti selvatid che andavo co– gliendo jpei boschi e di pesce che pescavo nel fiume. S'era d'estate e quella vita aveva pure le sue risorse. Gueindalina veniva due volte al giorno, mattina e sera, co1I1un cesto cont_einente quanto di meglio poteva offrirmi la ma,gra cucina materna. Ma io, dico la verità, avrei preso più volentieri la ragazza nello splendore dei suoi vent'anni, che quel cibo maledetto; ed essa doveva riportarsi mdietro la sua canestra senza che io volessi llleppure vederla. Anzi, per allontanare da me tutte le tentazioni, stante che la natura umana è disgraziata.mente quella che è, le or,di111ai di nolll mostrarsi mai più ai miei occhi né con quel cesto né sola. « Per un certo tempo Guendalina mi ubbidì. ,Ma poi venne l'in - verno, con le sue fredde brinate e le sue notti senza fine. E per quainto io fossi già ridotto peggio di un lu,cignolo - così mi diceva qualcuno che incontravo nel bosco o sul fiume: io certo non mi .specchiavo nei fossi come Narciso - ben presto la selva 1I1onebbe più frutti né radici che mi potessero sostenere; ed anche i lacci che io preparavo e gli ami 1I1onmi servivano più come prima. Cosi sarei certamente morto di fame e di freddo, se Guendalina, vio– lando i miei ordini, 1I1onmi avesse fatto trovare da una certa sera in poi, infrascato 1I1ellamia ·capanna, quel cesto che io avevo scac– ciato da me come il demonio, e non vi avesse aggiunto un paio di buone ·coperte di lana. Il freddo e la fame ebbero ÌIIlfine ragione dei miei giuramenti.. Avevo allevato UII1 cane, un povero cane ran– dagio, al quale la mia grama vita era sembrata tanto migliore della sua da indurlo a condividere la m,ia sorte. La sua magrezza era spaveintosa e, ricordandomi quella dei cani di mio padre, iilon po· tevo guardarlo .senza che mi semorasse di .sentire la sua buon'anima yagarmi d' intorno in quella solitudine. Incominciai per pietà a \
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy