Pègaso - anno I - n. 2 - febbraio 1929
218 U. Fracchia quell'atto, col quale avevo messo a repentaglio la mia vita e quella di un innocente chiacchierone, e mi persuasi che di quell'onta, io non avrei mai potuto lavarmi per tutto il resto dei miei giomi. Rientrando in casa sostenuto dai miei amici, con la_ mia gamba addolorata e zoppicante, ebbi orrore di queste mura e di lutto ciò che le aveva fino a quel giorno rese attra.enti ai miei occhi. Questi begli impiantiti a musaico mi bruciavano ,sotto i piedi. Pareva che questi soffitti così bene affrescati mi dovessero crollare sul capo. Il lusso di questa casa mi ripugnava, ed ogni cosa, che io toccavo·, mi sembrava intrisa del sangue di mio padre. Vedevo le farce dei servi tristi, attonite, i loro sguardi torcersi e sfuggire i miei, e mi coliJ)iva lo straordinario silenzio di queste stanze, che faceva c0isì vivo contrasto oon l'allegro rumore del giomo avanti. La casa era deserta: nulla di più naturale. Tutti son pronti ad accorrere dove c'è da godere, e tutti sono altrettanto pronti a fuggire lon- - tano dalle sventure. Sulla sommità della scala, mi asipettava il Ge– nerale mio suocero. E.gli mi disse, con crudezza militare, che, dopo quanto era accaduto, Guenda aveva accettato il suo consiglio di ritornare nella casa paterna con il bambino. Aggiunse che non credeva una parola di quanto si mormorava sul conto mio, ma che l'opinione pubblica ha ipure il suo peso, e che io provvedessi senza indugio e con ogni .mpzzo a stabilire la mia innocenza, cos-ì da farla risplendere agli occ)li di tutti sfolgorante come il sole. Conchiuse, esprimendo l'augurio che io mi sarei fatto un obbligo di provvedere largamente ai bisogni della mia famiglia, fino al giorno in cui egli avrebbe stimato che la nostra separazione potesse avere una fine. « Rimasi così annichilito da quel discorso che non tpensai nep– pure di chiedergli, come sarebbe stato giusto, se egli credeva che il mio denaro insanguinato dovesse tpurificarsi solo col passare per le sue mani. Ma allora questo pensiero non balenò neppure nella mia mente sconvolta. Lasciai che egli partisse senza rivolgergli uma parola e, il giomo dopo, aprii alla banca un credito illimitato al nome di mia moglie. Tornato qui, ordinai che si vendessero. i cavalli, le carrozze, le mute dei cani, e licenziai tutta la ser– vitù saJ.vo una donna, una giovane cuoca, di nome Gueudalillla (vedi stranezze del caso), tperché mia madre, sempre inferma, non mancasse delle poche cure necessarie ai suoi modesti bisoe;,ni. Peci quindi costruire una piccola, capanna, di frasche in prossimità del fiume, proprio in quel punto in cui mio pa'dre era caduto, e, in– dossato l'abito più logoro del mio passato lutto, dato un addio per sempre a questa casa e alle sue ricchezze, mi ridussi laggiù .a vivere in penitenza, e in povertà come un eremita.)) - Quanto mi racconti supera ogni immaginazione, - non poté BibliotecaGino Bianco
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