Pègaso - anno I - n. 1 - gennaio 1929
120 G. DELEDD.A., Il vecchio e i Jiinciulli ------------------------ rubato allo zio prete ? Ma allora, bisognaiva comunque far vedere al let– tore ansioso com'iè nel suo diritto, di serrate giustificazioni, che Luca non' aveva altra via di scampo se non la fuga, e in quel senso. P.oi , il suo carattere. Provatevi a, descrivercelo in brevi tratti, a lettura ripen– sata a indicarvene l'intima logica. Vi sfugge da tutte le parti._ È un gio– vinotto bizzarro ? È ,questo forse il tratto più appariscente, ma così im– pigliato con altri elementi, che dirò centrifughi, e vani, che non v'è possibile assumerlo come un tratto dominante, al punto che fonda o annodi ,gli altri in reale unità psicologiea. C'è una verità nella contrad– dizione a patto che alla fine le più diverse contraddizioni si unifichino, sicchè ciò che durante la lettura vi a-ppariva eccentrico ritrovi alla, fine il proprio centro, il giusto foco. Ma ciò in Luca non accade; l'unicu, nota costante che talvolta può far sospettare che, attorno ad essa le sparse membra d'un'errabonda psicologia riescano a trovare la loro ve– rità morale è una sorta di fantasticante melanconia e di solitaria tri– stezza, che si sveglia confusamente a contatto del Aelvatico paesaggio, spaziante attomo all'ovile di Meiis. È cotesta, tristezza ,e malinconia che verso la fine del romanzo si sfoga in un fantasticato amore per Fran– cesca e trova una specie d'appagamento nell'incider per lei una minu– ~ola ciotola, grande come una tabacchiera, da Ll'egalarle per rioordo. Ma quali immagini di dubbio gusto! « E tu andra.i nella tasca o nel seno di Francesca ; e da giovine e.Ila ti conserverà come ricordo d'amo,re, e da vecchia traITà ancora da te momenti di piacere .... (pa,. gina, 210). « Addio, addio. Non gli dava più ,sollievo neppure il pensiero di andare alla guerra e vestirsi di gloria, poiché doveva spogliarsi del suo vestito d'amore» (p. 215). E quando Francesca, che dall'odio è pas– sata all'amore bruscamente, perché le pp. 185-188, che l'autrice chiama la« canzone d'amore» di Francesca, sono senz'altro false; quando Fran– cesca g.iunge all'ovile ed ,egli la vede, ecco come i dne a.manti son posti di fronte: «·Si piegò per lavarsi: le sue trecce umide di sudore ( è il 80lo tratto ginsto) parevano di giunchi neri, sopra la nuca dorata sulla quale Luca a.v1,ebbevoluto a sua volta ,piegar,si per placare la sua sete inso– stenibile. » « Senza sollevarsi, ella si asciugò il viso col grembiale, e guardò Luca come dalla profondità di un fiume che non era quello arido ai suoi piedi, ma un fiume grande, luminoso, e travolgente. » « Eg.Ii non rv1demai più in vita sua, oochi simili : gli dicevano : vieni, pr,endimi, andiamo ass.ieme travolti, onda. fra le onde, nel gorgo di luce che ci oondurrà alla gfoia eterna: vieni, siamo gli occhi stessi dell'amor-e, del sogno che si trMnuta in realt.:"1, : gli ,occhi stessi della vita gli orchi di mo. » (pp. 216-217). ' Non ·è chi non senta in questo brano il « pezzo ii retorico costruito di freddo p-roposito, dove le Jrasi •« onda fra onde», « gli o'ochi stessi d:ll'amore », « il sogno che si tramuta in realtà», « gli occhi stessi della vita i>, col razzo ,finale, « gli occhi di Dio» addirittura, potranno non dubito, piacere a più d'una lettrice sentimentale, ma nou -Rono degne della gra,nde ,scrittrice ch'è .la Deiledda. G.ià , tutto il liiilguaggio del libro oscilla fra la cattiva eloquenza, ch'è dav;vero irrit.a.nte in una scrittrice sobria, e attenta alla realtà dei sentimenti ,e delle situazioni, e il fraseggiare pedestre. Ei-empi, a, caso: BibliotecaGino Bianco
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