Pègaso - anno I - n. 1 - gennaio 1929

VITA E POESIA DI GIULIO SALV ADORI. Qualcun-0 di quelli che se ne intendono ha detto che Giulio Salvadori fu un santo, e i giornali cattolici haniilo già messo avanti la proposta d'un processo di canonizz~i-0ne. Se fosse un santo non so, ma certo fu un uomo nel quale le virtù più difficili all'umana natura apparivano così tntime alla sua persona, che se ne ritraeva subito un senso di rispetto e quasi ,di veuerau,fone. L'umiltà aveva ria.dici profondissime nel ffilO spilrit,o, ogni suo gesto era un tritrarsi, in ogni atto della sua vita si avvertiva una volontà di annientarsi nella bellezza ùi un'tdea superiore. A,vere un corpo, una voce, -un nome, paireva che lo facesse soffrire. La sua dolcezza, pazienza, Il'.13.ThSuetudine, così eguali con famiglia.Ti ed estranei, con amici e nemici, potevano ,suggerire l'i.mpoossione d'un distacco dal mondo. Ma nella sua catrità, a conoscerne le manifestazioni inesauribili e come anooirrne, era un ardore di confondersi con la vita degli uomini per alleviarne le tri- ., stezze e correggerne gli errori. Virtù elementari d'un vivere da aristiano, ma di fatto così w.ure,che soltanto il ricordo dell' uma.na figura di Giulio Salva.dori m'aiuta a etredere ch'e.<rSesiano qualcosa di più che parole SCJritte nei libri di religione. Debbo aggiunge11e che allora, negli anni che lo ebbi maestro e consi– gliere neglii studi universitari, non iriuscivo a capacitarmi che un simile rigore di vita ascetica potesse essere I.rutto di naturale obbedienza a una legge divina. M'era inesplicabile il passaggio dalla teoria alla pratica. In Giulio Salvadori la ,religiosità irraggiata dall'intimo oon delicata compo– stezza e insieme virile forza, di persuasione, mi portava a considerare il m istero di quella, intimità come indipendente da una legge discesa da.ll' alto: il mistero d'un uomo che era riuscito a vincere la propria um anità. In quella umiltà avvertivo l'altezza di uno spirito superiore, in quella mansuetudine sentivo la pietosa comprensione di tutte le debo– lezze umane, in quella limpidezza vedevo una fiamma che non si conce– deva tregua nella su.a opera, di purificazione. Vent'anni fa era, già scarnito dal suo male, come spogliato della materi a. Lo tricordo quasi sperduto nelle camere troppo vaste della sua e.a.sa malinconfoa e silenziosa di Piazza Navona, silenzioso egli stesso a nche quando parlava, eon quelle lunghe meditazioni prima di esprimere un giudizio, e poi gli indugi tra parola e parola. nell'armoniosa, compo– sizione d'un pensiero. Tanto che quel pensiero, più che dalla sua voce, pareva poi suggerito dall'atmosfera di raccoglimento che gli i.i r.reava. iblioteca Grno Bianco

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