Pattuglia - anno II - n. 5-6 - mar.-apr. 1943

ftl è sembralo di riconoscere un pacs~ggio caro alla memo• ria e all'in1maginazione; qualcosa che conoscevo da molto tempo e che temevo· di non ritrovare n1ai più. ;\1i ha preso a ved~rlo un piacere di sensi, un torpore; 1n'ha turbato la sua quiete profonda di boschi e ho stentato, da principio, a cap"irnc il richiamo. Poì ho sentito distintamente, in rnodo tulto fisico, il suo saluto pensieroso e mite. Si sono leyati in volo stormi di gazze bianche e nere, si ~no ammorbiditi nelle coloraz"ioni autunna(li i contorni delle colline; sollevato dal mistral il grano nascente si è mosso, come un'ombra crepuscolare. Questa è la Provenza: un paese ritroso. .-\mpie vallate, fiumi lenti, sterminati boschi di conifere; qua <· là campi coltivati a vigna e a grano; qualche gregge che pascola in grandi prati, al margine delle macchie, accanto ad avanzi di antiche mura e di torri . feudali. Un paesaggio che sarebbe fa. cilc definire ottocentesco, perché vi si l'iC!onosce l'atmosfera dei pittori romantici, ormai scampar• sa dai nostri paesi. Vi si ritrova Corot, oltre che nella sua espressione formale paesistica già nota, nel suo contenuto intimo che ap· punto trac vita da questa natura intcnsarncnte assorta e medilaliva. Qui è perfino possibile comprendere la retorica figurativa di Millet e restituirle il suo attributo di realtà visiva, che noi italimù eravamo costretti a ne• g:urlc: qui si vedono veramente fiµ:url' d'uomini e d'animali ferme contro il tramonto, premute da un'attesa di rito pagano, tra i sol-- dii paralleli che si perdono all'orizzonte. II E' assai difficile rendersi conto dei sentimenti di un popolo oggi ~osi privo di riflessi. Che siamo nemici non c'è dubbio; tuttavia non è facile rendersene conto. Sono corretti, ospital( quasi per un sopravissuto, istintivo dovere di cortesia turistica. Ci guardano passare con una curiosità inerte, priva di espressione. Una rassegnatezza mortale li spegne; sembrano una razza millenaria, eMtustu e vicina a morirt.-!. I .a loro ostilità è potenziale. Se le cose andassero male per noi, essi ne approfitterebbe~o con piacere, con crj,deltà. La sventura li ha fatti vili. Oggi non sanno C'oncepire che una sola cosa: non più guerra. Essi non vogliono più battersi, pc:· nessuno, nemmeno pa loro stessi. Segretamente o no, (>'!rteggia110 per gli americani (non più per gli inglesi) perchè s'illudono ancora di vincere la guerra pur a- ;·endola irr~mediabilmcntc pcrduI\Jt)lrI ckJalPIIR()l/1 /1 ta. [\fa senza combattere: questo è il punto essenziale. Sono umiliati a morte _e <lesi• dcrano solo uscire dalla realtà politica per sognare vanamente i tempi passati, l'Impero, la grandezza di un giorno ormai smisuratamente lontano. lII Si passa In frontiera, la pri- ' ma volta, con una certa trepidazione; come se si entr~sse nel 1uistcro di un mondo nuovo e proibito. Ma la prima impressione è assai malinconica: tut~ il mondò si assomiglia, disperatamente. Si trova la stessa maniera di vestire, di divertirsi, di nutrirsi, di agire. Gli stessi segnalatori stradali, lo stesso riso delle. fanciulle, le stesse colture a vigna o a grano. Tutto come si immaginava. !Jna delusione. E allora ci si in!uria contro la cosidelta civiltà occidentale, che ba livellato i po, poli e li ba ridotti ad una uniformità amorfa; e a confronto si eleva il ricordo degli antichi costumi civili, sacri a ciascuna nazione. Soprattutto qui in Francia si ha la sensazione che nulla sia più rimasto di personale, di _«proprio •: si avverte lo stile del sotterraneo terzo stato anglosassone, · armato dei film e della stampa. Non rimpiango il folclore o i[ colore locale, ma la ritrosia di una razza che si contrappone alla ritrosia di un'altra, creando il' supposto essenziale all'originalità dei suoi artisli. Rimpiango l'ari· stocrazia di stirpe, ultima garanzia della vera civiltà. ! .a spersonalizzazione dei popoi i abbassa il livello culturale e sociale dell'umanità assai più che la spersonalizzazione degli individu.i. Senza voler considei:arc i pericoli jncvitabili di inquinamento, che si uniscono alla facilità di dispersione dei valori .di O· gnuno. Un popolo amorfo non può ,essere un gran popolo. Create la dogana dei costumi, i dazieri della moralità, i custodi della tradizione. IV fn un paesaggio naturahnente solitario e primordiale come questo di Provenza, si" può immaFondazione Ruffilli- Forlì ginarc che orrendo contrasto fan• no le pubblicità murali, enormi su· di ogni casa, la più miserevole e sperduta nella campagna. Vera lue dell'edilizia, che ha appestato· tutta la Francia, esse deformano in modo grottesco la struttura originaria delle campagne e delle città. Accanto ai pagliai qualcuno ci ricorda, n1olto imperativamente _le virtù di un apcrilivo, o presso una delicata fila di pioppi fa valere le sue grazie la spiaggia di S. Rafael. La pubblicità è dappertutto a colori violenti, a lettere gigantesche; è parte e spirito di un. sistema generalizzato, che no·n può più conceder~i facoltà di scelta fr,t un paese e l'altro; è una creatura sròisuratamente cresciuta, dif:forme e dilagante. Ha preso la mano a chi Ì'ha creata ed è un mostro. Tuttavia, nella Còte d'Azu,·, es• sa finisce per assumere una inconsapevole e singolare funzione di amalgama. Meraviglia infatti la sua facoltà di unire in un insietno compatto, l'ibridismo architettonico di quella meravigliosa regione; da una mescolanza di floreale, di novecento, di finto medievale e cli finto rinascimentale, -il sistema pubblicitario crea una inJiscutibile sensazione di unità sti ... listica; e nel medesjmo tempo strnnamentc s'intona col paesaggio. Ci si accorge ad un tratto che due sono. gli elementi che concorrono - in misura diversa, ma in perfetta corrispondenza - a fondere l'insieme: il sole e la pubblicità. Connubio artificioso e<!_abnorme. ma prettamente francese. V Una ragazza di Grasse, Cittàfiore della Provenza, -m'ha detto sf1e vorrehbe la fine della guerra per poter recarsi a visita1·e l'Italia. Essa m'ha rivelato un desiderio romantico di tempi 1nolto remoti, !n'ha ricordato la cortesia d'amore e -l'amore cli "terre~lontane che nutrivano ì -poeti di Linguadoca, delle ballate e dei contrasti. M'ha dolcemente turbato, forse perché per sognare la patria occorre esserne privi. Ne ho conosciute tante di queste ragazze, il cui dire somiglia a un mormorio e l'amabilità a un'offerta. H_anno il tratto cortese delle antiche castellane e. la maliziosa improntitudine delle damine del nostro tempo. Nate _nella terra dei profumi, svaniscono in fretta, fasciando in noi una fuggevole traccia, delicata e dolce. YITTORIO BONICElU 5

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==