Pattuglia - anno II - n. 5-6 - mar.-apr. 1943

' L A ciUù ('hc una volta era stnta sul mare, pote\ln dirsi insabbi3ta ulln roce antica del fiume. .\ poco per volta f cantieri e il porto, come più il mare la sfuggi, fl, si erano trascinati incontro a lui, abbau<lonnndo dietro a sè il blocco delle case \C queste si erano arrestate a ,,ualchc chilometro dal mare pe1• protender<' lunghi tentacoli, sotlo !orma Ji \'iali ulbcrati, con oasi di !>arclli ~ giardini, incontro a luj, alle fabbriche, al porto, alle ofricine, all'andirivieni d~llc n:wi. e dei velieri. Dallo città che, dopo l'ondata rii subbia, si arri:1mpfoava pigramente lungo i colli, puntellandosi a ville e villini, si scorgevano le isole dorale e sonnolt.•nll:, le luci mobili ciel Faro, ,,ucllc risse dcllt· lnnternc e, molto Jont;mo, le gobbe ossute dclJc montagne dm si allungavano aJl'orjzzonte come; schicr,.• di futicoti camelli; carovano fantastiche irninerse nella foschia ros- :..astra delle albe e <lei tramonti. , .'\'cJlc ore di lavoro, la città si e!'<lenuava nella calmu; cani e bambini per 1-: strade e i vicoli; se.arse anC'hc le donne, indaffarate nelle cucine o nel pettegolare ngìtato e Ccr- ~;~;atici~~:,n~,or;!!j1:ì/ I 8dt:tr:" 1 1;b~~jcf1ì:c:~ riversa\ a per tram e corriere un puilulurc di uomini eh" i1wuclcvu le osterie e sino i, lorda notte si mescolavano i cunti oli<• risa e olle bestemmie. La dttù in <1uelle ore parevA nata al godimento C' al forestiere che vl transit,na era <liHicilc assuefarsi at tono d<'lla ~ua vita. Gli t1bituniì uveHtnù sostituito I<> osterie nllc chjcsc, le hrigah• ruzzanti, ricche di beffe, alle mclanconichù passeggiute <lomenj- ,cali, i lupnn,1ri alle riunioni .fornjJjar•. l;n ~odimf'nto che sarebbe stalo diflicilc:--i-.l:Oprirc fino a che 1>unto fossc- :,lando 1lcll'istinto o lenimento forzose, a una S<'J.:rcta angoscia. I.n buon:, stngion(> (il m:wc fforiv·~ irr.prO\\ÌSit di mus('hi e licheni sugli -.l·oµlì. Sulll' colline spuntmu uno ,•c1•- 1h: p('luria tencrclla e dilata\a al .-.oJc il giailfl dellt· qinestrc e il rosa c..l<>~ nwndnrli) partivnno per la strncht dei l'olli. H:rso i paesi cli Snnt'.\nna e cl.i s~,n Co:,,ma. carrozze, b3l'l'OCl'Ì sonanl1 c le c·ampagnc· si dèsta,nno stupite alle <t<..hioe:c•t1 delle l'ruste. Hl :..uono clel:e risa npertc, del trotto dei caq1lli imbioccolati cli ciurfi e cli ct1mpnnel1i. Porht\:tllo uomini, donne, l,mnbini. \'cstili 11 f<>sta, j \'Olti henli e sorridenti. e un'ari:i di padronan/..t i-.pa,·aldu cho <.:onfondeva i tc-rJnini di una societ.i formata da pingui commercianti e da operni che guadagna"ano mollo, molti.,simo. \H•\ano fama luui cl• bpidatol'i :,,Ì da ~iustifict1re appieno un proverbio Attribuilo alla ciuù e d1e t·ipctcvano spesso fra l'isa e 11011 senza nmto: .. Pancia di velluto e tar,rn~1rio nudo». PoC'a curu avevun delle C!f1se i cui interni erano rustici e disadorni e l'unica ambizion<.· che si notasse era quella dei materassi e dei cuscini <li piuma: gli uni e gli altri, si capisce, in rapportt1 diretto alle citate epe di \elluto. Ci tcne\'ano anclw a ostentare su.i panciotti cLi panno grosso e nero della festa catene d'oro zecchino cui. appendc\ano napoleoni rotondi, minuscole corna, tr~fogli o ferri di cavallo, per sc11ramnnz1a. Pii1 sprezzanti di tutti. e insolenti, spacconi, gli operai dei cantieri, Corse. .per i salari prjnt"ipeschi, si che erano saliti in superbia e disp1·ezzuv11n tutto che non fosse ricco, sontuoso. grasso. Alla loro maniera. s'intende. E quando si trova\'nno nellt• osterie (moltissime erano sorte, con livellati giochi di bocce e a)berclli di acacie che In pl·imavt'rn s~minanrno il terreno <li coriandoli bianchi) a fare la solita purtila, acccndc\·ono osteniatamènte ì sigar! pnnciuti con le carte spiegazzate da cinquanta, sprizzanti dai tnschini, mentre i garzoni in giacchctla candida. passnvnno di corso coi boccali di birra. A gara giocavano di disprezzo per Jn moneta, di poca importanza per essj che in u'nn scttiman;1 ne guaclagnavan(: tanta che non un impiegalo con sette figli in un mese. Cosj bevendo, mangiando e ballando, trascorrevano gli anni: le catene d'oro si facevano sempre più opime: di aggeggi sul velluto delle pance rotonde, i nasi pi.ù rubizzi e truculenti, le vene del collo parevano radici <li. Fondazione Ruffilli lacittcà~Jeuggiva lamorte l Racconto di GARIBALDO MARuss1) misteriosi alberi <lei quali rosse cc~ lata In statura sotto la pelle grassa del corpo, per uno straordinario cupo- ,·o1gimc-nto delle Jeggi fisiche. Le sale da ballo, poi! Ve n'era un.:. per contrada e gareggiavano per addobbi vistos·i e puerili e per il nu1ncn, dei convenuti. Prive di gusto erano, con orchestrine di ralsi zigani o d~ nr~cnt"ini secondo la moda lanciato dulJe pellicole in sec9ndn visione nelle saJe di proiezione, e una clientela di bra• vacci untj di olio di noce. dai tinzolctti sgargianti; di donne con gli 5lrascichi assurdi e i corsetti senza respiro. Le luci si spegnevano nelle ·sale e i1 buio ern trafitto da la.me rosse u azzurre, · mentre le dame.! si piegnvano a terru, con contorci.menti dn esibizione. La lussuria forve\ a nell'aria~ D'un h·atto il silenzio si foccvn fondo. i bisbig1i., i sussuni, i baci tacevunq e del \·uoto fattosi al centro s1 im1 pa<lroniva lo coppia ritenuta più nbilc. Piroette, s"oltc, anchcggfarncnd, pi:1ssi lunghi l: relpati, corsclle veloci frenale all'improvviso, secondo li riLmo:1 gli .. occhi lucenti delle rngaue e ,::li sguardi avidi dei giovnnotti seguivu~è l'altalcnio delle mo,•enze, le fattezze _,.j rilassavano per il languore, le mani si 1n·cmevano. Cn clima <1i felinit;\ l' di c.upidine. Dalle sedi,· che incornicianrno fa In sal::i i vecchi, compiaciuti o app1h rcnlcmcntc seundalizzati, seguivnno con riltrì occhi lt· mo\enzc dei figli. Le nrndri c'<u·rcvan<, col pensiero alle 1x1z- :1ie di una etti ormai remota. quando nei \Cglioni fantastici, insèguirnno domint mi~teriosi <' nei palchetti, tra sciampn~na <' liquori, la loro \'erginitil era andatn p<'rduta. f pernrnncn1 altre tempo! - la memoria di un guanto hìanco, di un rjorc lancfrito da una cfllTo:1zo, di un notturno insegl!imcnto per le c.illi strette•. ' .lm padre, una sera .. nel seguire la fi~Jin cl1c djvincolava fra le braccia cli un µ.iovjnotto azzimato e robu~to, s'l•ra Fotto coglier<> in una esclamazione di rimpianto: Ueato chi J(' gode le coscic d! mia figlia! ~ I '\(, alcuno se n'era stupito. I Tanta era In fama della citlù nelln regione ·e di un 1·ion·c di essa in pnrt icCJlare lk1 _for n:,scerc un mottettd sfrontato su)l':uitt cli una marcia da operetta: .,. I ,e donne di X XX pòrltm la croce al pet/o hanno il morilo in more l'cmumle sotto il /elio: pregtmo il buon Ges,ì perchè uon torni phì ». Sè l'appnrenza jmpcdiva che il forc-1 i:.tiere an·isnto credessé d'aver tro,·atn. la mccc~,. Invece a chi non Cosse del luogo - contrariamente a11c regole - accadern di non riuscire a nu11n. Forse pere:hè la fom:1 della città faceva supporre inutili gli espedienti e affrettavn gli intraprendenti alla meta. Così s~ udi\'a narrare spesso della tale o della talaltra che aveva accolto encrgicamento uno s<·onosciuto. mentre era notoria la sua obbondonzn di fa\'ori verso gli ~unici. Le cose dell'mnore, infotti, hnnno bisogno o deJl'atmosfera di intimilH che nasC'e da una pratica di lunga amicizia o di quella cornice di galanterie, di piccole cose sciocche che alimentano l'amor proprio e la ,•nniti.\ femminile. Delle donne clella città sapeva molto b..llta lu ri,-icrn o\'C lr coppie si' trascina"ano da un ritrovo danzante all'.iltro, sotto la insegna di un lusso ,:rtificioso e sfacciatnmcnte gridato, at e:ontrario della Clttù dove tutto era bo• nario. Gli albergatori impinguavano o certe estati i forestieri erano costrctE a dormire sul panno dei bigliardi in un J~t to abborracciato. Forlì Le snlc da ballo, da taverne e.be erano nella cittù si tramutavano in signorili tc1·raz:,.e O\•C le coppie sdilinquivano al chial'ore <lellu luna o nlJt, luci dei proiettori. E se mancava la fonte di una delle due luci, meglio ancora; ma se per caso In luna fosse uscita strappando it mantello ove le nubi la tenevano cucita o per uno scherzo maligno un proiettore si fosse acceso, sarebbe bisognato il tratto di un caricaturisb1 per cogljere le espressioni dei mariti o degli amici. Anche quelle delle mogli, dato che neUa riviera le dattilografe nordiche, abbandonata lu freddezza dei loro luoghi natali e degli uomini alt-re-sì, conveni\·uno a trascorrere le vaci:inze. Ad apprcn~ dere la linguu straniera, ben s'jntende. ~la nei parchi, accoglienti cd invigilati, sotto gli oe<'hi di migliaia di Dafnt tramutntcsi in scmprcverde e odorante alloro o sotto i fusti alti delle camelie, con\'cgno nelle ore diurne dei pomposi pa\'oni allevati dall'azienda di cura e soggiorno, non c'era bisogno che due s'intendessero u parole. Si èra riso, infutti, molto del cuso di un µ:io\'nnotto nllc prime nrmi, il quale, credendo di essere riuscito od espugnare chissù quale fortezza di 1>udorc, si er1.1visto fermare le mani C'Sploranti dalla nordjea bellezza che, dipoi, tranquillamente, da sola si era tolta senza imburazzo c sen,..n rossol'i un delicato indumento. Trn canzoni, lwllì, hcvute, In p.1rola morte a\·Cnl pcnluto per la cìttù il suo <·rudo si(lnificato e non snpeva ricondurre la mente a pensieri più gravi. P:ue\'U, alrneno. "'\e ho conosciuti molli di <1uella cittù, non ivi, ma fuori, lon~ tano dal clima artificioso nel quale ,i,c,an,,, liberi c:uindi. Quella che pareva la fattura d'una maga, non ave\"u più influenza alcuna su di essi. I.i ho coRosciuti altrove, in un clima tem-· pcrato e dolce, nellt' conche S\'izzere, ramose pe:r le e:ase di cura. Perchè erario tutti f-ubercolotici: lfl malattia terribile nve\,n n~sunto nelb ·(•ittfl una forma epidemica. Fuori, per Jc strade, i \·isi C'h<' si incontrarnn~ erano rossi o clnH~ccitazionc alcolicit o dalla febbre: mit 5otto Ja grndevole epidermide 1'ac·iclo ciel morbo corrodeva~ Fremo al pensiero di tante lnhbr,1 di donne Phc hanno premuto le mie, Jan·, guide o ,1ppassionatc 1 di tanti respiri tiepidi fusi nel mio respiro, di tutte quelle volte che ho mescolato j( mio corpo sano a quello di quelle mele hacnte. La zona esposta [11 mare, a1 venti procellosi del monte. pungenti come aghi, le alterazioni improvvise della temperatura. <1uegli sbalzi che facevano 1n.1ssi1rcdai soprabiti alle pellicce, devono nver rontribuito f1 quella satanica situazione. J capelli mi sì rizzano dall'orrore al solo pensarvi e ora chei sono lonlano respiro di sollievo, immune a tanta distanza d'unni. t~cco, dunque, come quel cl ìma di piacere ,·iolento e primiti\·o si era ve- . nuto creando. :\fidi. n.idi di gennc erano tutti. Ln malattia lì sgretolava, insensibilmente, da bambini. come l'acqui:1 dc! riume, ricca di catcjo, ca.riava i loro denti. Erano ancora nel vcnlrc nelh~. madre e g,iù i segnj delle croci erano incisi sulla loro <'atne m,,rtoriata. Una maledizione divi'na; forse la vendetta della majla i\Iedca che una leggenda nUermava aver abitato le loro spiagge: e che dal cielo era stntu nunita per i suoi misfatti. Che resta nllora al misero~ Fuggire, ruggire, fuggire! 1Jn a che vale spostarsi se il male è nel sangue? A che vale <"Orrere, trascinarsi col finto ansante, cercare un ri[ugio nella tormenta? La freccia raggjunge, la freccia colpisce, e si stramazza a terra, I denti la mordono, Je labbra salivano ~ si maledice iddio che ci ha ratti per Ja clanna:,.ione. 1-'u~gire non giova. Vengano le masdiere ullora ! Maschere truccate e colorité, ma~cherc. allettanti. maschere dd1a passione e del vizio! I soldi sono fac-ile acquisto, si moltiplicano. Si sperperano come più si ac,,uistano. Godere! Godere! Col corpo, con quelle membra che si devono dissolvere presto! Gli anni inseguono, le ore sono contate, mie più un secondo gocluto oggi chE: mille anni domani, quando saraj cenere; godi, uomo! Godi maschera funebre dalle occhiaie a_zzurre e incavate! La cittl1 si para a festa. La città godeva! La cittil si annientava. E che importano g1i esempi di Sodoma e Gomorra, che importa 1a piccola febbre serale, i sudori nel letto, l'esaurjmento che sale dalle gambe al cervello, se si <le,·e morire presto? Ai funerali si sostituiscono i cari nevali. Nella eiltà runerali non se ne vedevano. Un decreto comunale li nveva annullati. Anzichè passare attraverso le strade - co.-one, carrozze, compagnie geremianti, i tristi labari• del.le conrraternite con le ossa giallo avorio sui campo nCJ'IQe i -cappucci che lasciavan soltanto spiare occhi di folli, il canto lamentoso dei preti --l i funerali anda-f vano dalla co.ppella del cimitero ulla fossa. Un unnunc..io breve sul giornale cittadino, un annuncio sruggcnte, nelle ultime pagine, mascherato in mezzo alle ,·oci economiche, era l'unjco segno civile delJn scomparsa di un jndividuo. Son visite di condoglianze, non macnhrc \'CAiie. I superstiti famigliari trascorrevano le ore nelle Cfuncre deserte pensando olla proprio so1·tc. E bevevano. l ·na vettura li portava ebbri al cimitero e li, dopo le snlmodje frettolose di ben pagati preti o cuppuccini, dopo le zolle che il rito esige scagliate sulla hara n rar meditare i vivi sulla. sorte che li attende, un'altra fugn ,·crso In cosa e domani - sia più presto che mai il domani! - dopo le ore \ i.ote e spa, entose. In \'ita ci as1>ctta di nuo,o. Falsa, ricca di orpelli. ingannatrice, ma \'ila. Ci sono donne ancora, c'l• vino. Dopo, dopo sarù quello che dcn• essere, quello che · è scritto sut libro eterno. GJ1 llmmulati che protrnc,ano a lunf!O le malattie (ma uno fino a che pOlC\b si reggeva in pic<li). ernno J>ort.iti .ill'ospedale. Non come si fo in nitre parti d1e s.i assume l'infermiern in casa e quella vigila COll! i p::trenti e J>Hre che i:on essi si fonda ncll'ansin. J molnti dove\ano scompnrire. non ne resb,a traccia nelle case. Giungeva l'autoambulanza, Fossero ricchj o po\'eri. -,;_ l'erma\'H dnvnnti alle case o ai palnzzi e asporhlva di fretta colui che n,·c,?. In colpa di essersi inkrmato, Poi la \ Ha <'Ontinuava. Quelli che restavano trnscorrt-\ano il tempo come lo nvevuno trnsco1·so i. morti. Cosi pèr i secoli. Ma la morte si vcn<lfoav~. E du rosse undato andato al fondo •delle cose si sarebbe accorto di questa \·endetta. Sarebbe bastato afzarst presto at mattino - nella città a chi i piacer, notturni lo permettevano? - e muo• versi per le vie nell'ora che il cielo improvviso incrudisce <' le cose si sH,- gliano nette, con masse violente. Suonava il maUuttino: le, scale spalnncnvano portonj bocd1eggianti e vccch,, avevano bnstoni pie.tosi anzichè parcnl! che li soccorressero, giovani. molti quest'ultimi, moltissimi g:i~ gravemente colJ)iti dal male, barcollanti, ma animati da un'incessante e violenta volontà di \'ila, i:,j avviavano •·erso le J>O,·erc e nascoste chjese a~li estremi della ciltà, cinte da mura e da orli, in vicoli per i quali era difficile trascorrere. E lì, colpiti dal terrore delle noti• insonni, fiduciosi cli godere un giorno d~ vita c1uale loro era neg"ta da vi\ i, chiedevano perdono n! Signore dei loro peccntj e di quelli dei loro conterranei. La trista città invece non se ne accorgeva: ballava, godeva, si abban◄ donava aj pinceri. La morte, sotto il triste mantello di arlecchino, li aspetta.va al varco e rideva nelle bocche cariate delle donne e nello spasimo occulto dei nascih1ri. GARIBALDO MARUSSI 15

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