Pattuglia - anno II - n. 3-4 - gen.-feb. 1943

Immorale n. 1 I O mi rifiuto di considerare il Cinema una pagina cli un catalogo che comprende teatro, pittura. ~!- tura, letteratura ed altro. E v1 d1_co: ooo vagliatelo con le consuete m1Sure non ne attenuate le possibili tende'nzc tentando di riportarle nei _limiti d'obbligo -. o •morali• - entro 1 quali di solito s1 inquadra un. po' tutta l'arte quando per ragioni djdattiche o commerciali s1 fa più spicciola. Partite dal concetto che non si deve orientare una fonna - ripeto e-nuova• - dell'arte eulle manifestazioni esistenti e· già aperimentate, beosi che la si deve porre - scabra ed essenziale - a contatto con la sensibilità umana. E dimenticate deliberatamente - siccome il Cinema ba già una vita e una breve atoria - tutto il già fatto. Poichè vuol essere una nuova arte, questo Cinema; e bisogna cominciare con lo stabilire com'è che può esserlo. Non certo imitando H teatro ché se ne otterrebbe, forse, dell'arte e non già una nuopa arte; e neppure stilizzando )o gioioso armonia delle arti Ugurat~ve perché volgeremmo a u.n aspetto statico una manifestazione che ha caratteristiche di spiccato dinamismo. Certo noi abbiamo un Cinema superlativamente morale, certo i ,-equisiti cui attualmente si uniformo. (e «unHorma• è bruttissima parola) sono impeccabilmente rispo'!- denti al gusto d1 una massa supcrI1ciale usa a riposarsi a), Cinema, dopo i) J;voro, come ci si riposa leggendo un giornale illustrato. Il compito che svolge è altamente educativo, ma niente affetto creativo; . un compito benefico - se per beneficio s' intende «benessere• o evita tranquilla• - ma di 'scarsa portata, di ef.fimera. signilicoz!one. Quand'anche non imita 11 teatro, ripete i motivi elementari del viver comune, quelli contingenti anche se mascherati da costumi d'altri tempi, quelli che non rivelano più nulla se non il maggiore o minore virtuosismo dell' interprete. Uno svago, non lo neg<?,. ma nient'atfatto un superamento spirituale come minimamente si richiede ad un'arte. E allora bisogna risalire ali' Uomo per ausculta.re le vibrazioni ,del suo • lo» più sensibile, onde accertarci del suo «maggior bisogno•, chè tale considero l'art.e. Intanto ci accorgeremo che lo spirito - grazie a Dio - ha ben altre e pi'ù_. recondite risorse. Barricategli le porte che adducono olla conoscenza della Natura e dei suoi simili, oppilategli i recessi della ragione, strozzotegJi le valve animalesche che succhiano a.da borghese fatta di alterna ipocrisia e di alterno bontà: lo vedrete acquattar~i nel covo det suo più ristrotto ed egoistico relativo sognando di levarsi tutto solo a toccnre l'assoluto. La fine? Ma no! Sarà tutt'un giro cosmico, tutt.'un raccendersi di mondi artificiosi ereati da vaghe reminiSCenze e da queste presto difierenziatisi, una mnemonica d1 aurore e di tramonti sfigurati neJ colore ne1la forma del tempo. Di capovolti valori. Di un tal passo - se una vetta sta in tondo a un abisso, se una luce vale lo tenebra, un clamore il silenzio - dovremmo approdare all'aberrazione. E se invece un giorno, risvegliandoci, c1 accorgessimo che nel buio e nella solitudine ci siamo rinverginati, se constatassimo che dal nostro nucleo fantastico siamo trascesi alla purificazione primitivo? All'aperto, allora. Nelle campa~ne, nelle .vie cittadine, nelle vicinanze d:;rn':rj!~ifo 0 rt;e:i:t v~:~t ieor~:a:~:t ~on quelle del mondo. Non le istantanee dell' impressfonista nè le pose del naturalista. Ogni uomo un mostro o un santo. Ogni donna un'eroina o una progtituta. Ogni cosa - pietre vele frutti immondizie - motivi d'amore o di repulsione. E tutti valori. La sensibilità centuplicata che non ammette corpi neutri. Incontrando un angelo azzarderemmo di baciarlo in fronte; ma uccideremmo il primo decoratore che ci capitasse tra: i piedi. Pcrchè un ramo adunco contro il cielo non significherebbe un arabesco, mn un artiglio che shr,na uno stato d'estasi o il grido di certt~auime contro il peccato d'Adamo, oppure il piacere del sadico e del sacrilego .di MILZIADE TORELLI scritto in p~nta di penna sulla cretineria improvvisa dell'onestà. Le immagini. Nate in noi. Ho detto reminesceoze e forse si. Un cappello di paglia può suggerirti di trebbiature infocate, di canzoni villane, di mietitori in foia, di viver semplice: però in senso universale, senza tempo senza luogo senza mo<lo. Insomma, un mondo ricrea• to, inatteso, diverso dal mondo previsto e consueto d' ieri. Eppure già sognato chissà qunndo, eppure già creato, aria e polvere, luce e ombra, materia che si tocca. Strano. Ora io dico che tale potrebb'essere lo spettatore cinematpgraiico, matc~ia vergine da' impressionare con lo matrice dell'immagine. Nell'oscurità della &ala di proiezione egli è fuori del mondo. Andategli a parlare di naturalismo: non si commuoverà perchè vedrà ructarc attorno forme vaghe, ombre, immagini fantastiche che abbisognano cli un nome e di un percbè. L'uomo che aspetta il sorgere di una visione dall'oscurità è puro e eensibile: un essere perfetto che sa pensare finalmente col proprio cervello. Ma non gridate, per carità, allo 5C&ndalo e .aHo corruzione. Voi asserite che jJ Cinema ba più d'ogni altra arte sconfinata libertà di azione; e credeste che questa sconfinata Hbertà consistesse nel poter ~ondurre per mano lo fantasia, senza legami cronologici e chilometrici, ad assorbire episodl e a risputarli, poi più o meno ben disposti. Un caleidoscopio neUe tµe mani, regista. La libertà · cinemotogrnlìca credeste si riducesse nel fatto risivo che il carrello ho. le ruote e che perciò può spostarsi o piacere, inseguire gli attori, scendere dal monte al piano; salire dalla marino all'aereo. L'assoluto -andaste cercandolo nello espazio-materia•: e lo perdeste. Dovete cercarlo nel relativo personalissimo dello «~pazio-ideo•. Non bosta aver le ruote· bisogna avere un cervello. Che possa' tradurre più razionalmente e h:nema: non per movimento di c-orpi ma per movimento di idee. Emancipato il moto, promosso il generato a generatore, avrete come prodotto l' immagine cinematografica anzi il giuoco delle immagini, non cor~lative ma relative all' idea che le muove e da essa sinfonicamente accentate. Un contrappunto visivo, un'arte. Lo spettatore: lo abbiamo immerso nell'oscurità dove tutto si fa sensibile e vivo. t. jJ momento in cui le immagini devono sorgere. L'occasione per sov\'erltire i valori. t possibile, è facile: perchè ancor prima che le immagini si deliniino, i valori comuni, quelli creduti, sono stati annullati nel pensiero dello spettatore che è libero e naviga tra nebulose reminiscenze in cerca di verità. Dategli l'immagine pensata dall'artista: esso la riconoscerà. Stupito tanto è diversa e differenziatasi darvinianomente doJle sue reminiscenze, ma la riconosce• rà. E non lo imbroglierete, nfont'atfatto. Lo inizierete a una nuova arte, di cui oll'orteficc spetta il segreto e l'autorità di combinare le particole, si che n'esco. comunque una creatura. Fuori l' interprele: qui occorre. Altrimenti l' incantesimo si rompe; e le itnmagini dileguano. e ~l C?limo~i rarefà. Un interprete: ~h sa msegnt a non considerare il Cmema come un teatro di più ,,aste proporzioni, a non produrre pezzature di recitazione dra~- matica, a non sottolineare con la matJta ;ossa, i frammenti di uno. parte. ch_e.complessivamente oon ò sentita. Gl1 s1 msegn1 - dirò tre verbi percbè al_meno .uno se ne intenda - a compend1are s10tetizzare essenz,ializzare. E cosi sarà sorta compiutamente l' immagine cinematografica do una latitudine che nessuno avrebbe supposto. E µon é che le mie argomentazioni abbiano• cambiato l'Occidente in Orfonte; gli è che il tempo la retorica l' interesse l'ignoranza hanno giocato un brutto scherzo alle cognlzioni astronomiche dei. più. L'Oriente è uno. Dietro tutto questo istrionistico vangelizznre potrebb'esserci una risata: di un pazzo o di un rh·oltoso che vuole ubriacare il proprio simile e trascinarlo in un suo mondo assurdo e immorale. Ma non è cosi. Un'immoralità c'è, per il fatto che si vuoi rovesciare-un ordine canonico che - appunto come tale - io non chiamo più ordine ma vizio. Però F8ndazione Ruffilli ·- Forlì si vuole, più che altro, imprimere all'andazzo morale dell'individuo pensante un ritmo demolitore che serva a spogliare ogni cosa della natura ed ogm immagine d'essa dei cortelJini classìficatori di cui s'è guernita. Un compito - in tondo - dell'arte in genere, questo di esalto.re trasfigurando. Ma questa delle arti la pjù nuova - il Cinema - mi sembra lo più idonea per assumersi H compito. Voglio dire non )a prima di una serie, ma la mossa per un'idea che potrà essere continuata sviluppata. migliorata. Una gran forza può attingere lo spirito di questi contraccolpi: perchè se appisolato· sulle torme e sui dettami e addosso gli uomini di tante e tante epoche hanno caricato L'ODcetti. e preconcetti sicché la vera morale, l'unica possibile - unica come Dio e oome luce - è giudicata pres• so la media mentaJità dell'individuo, terribilmente immorale. Mentre c'è un'immoralità che per saper fiancheggiare astutamente le consuetudini mondane, si là chiamare « morale •• irriducibilmente «morale•, ipocritamente e morale •. E allora per combatterla e annientarla ci .si tinge istrioni e st viene avanti con emblemi arst.atici .t: si chfoma « Immorale • que sov\'ert.imento urgente di valori che solo può ricondurre olla moralità. la nuova arte è tutta qui. MIL:t,IA DJ< 1'0RELLI Equivoci l'arbitrio OV-VeiO cinematografico L E discu,5,sioni e le polemiche assomigliano con il loro rapido contagio a quei bottoncini e foruncoli o fignoH che pigliano sviluppo l'un dall'altro, anche se lontani, per cattivo succo di sangue, e quand'uno perde un poco dell'ardore, della pungente stizza, lascia però gié. il maligno germe di numerosi altri. La moturozione succede sempre più gonfia e accesa, e cosi pure le polemiche che nascono da un pensierino o da uno paroletta, da sommesso dire in principio, si ac• crescono di bocca in bocca, da foglio a foglio, clamorose\ famose, e mo~ari non concludono ta volta, ma losc10no ù segno dei loro tempi. Necessarie non le direi, ma dimostrative, rappresentative d'un anno, d'una mentalità, di una azione. Oggi i letterati non si fanno più guerra per un malinconico chiaro di luna, n~ cittadini o paesani raI!rontano a dispetto e con innocuo vociare il vivo fascino dell'ignoto e i quieti ricordi provinciali, nuove polemiche si ditfondono, invece, per il cinematografo: a favore del doppfaggio e contro, consensi al Iilm storico o per quello moderno, approvazioni cd ire per i sog- r::!~ ~:.,!r:!~. °Cra~:~n:i di:co:d~ut~ iJ suo parere, e gli amici concordi si danno. grandi strette di mano; poi, non ostante i pareri di tanta bravo gente, le pellicole straniere sono doppiate anche nelle canzoni, e mai come in que• st'anno abbiamo visto e ,·edremo nel cinema e in teatro (chè questo è un male del teatro) tante storie d'altri tempi, e Gerolamo Rovetta, il Fogazzaro, Matilde Serao hanno postuma gloria cinematografica. Insomma le cose stanno a tal punto, che, per amore o per forza, un film brutto o bello, anche bello, vien fuori da qU.alunquc romanzo ~ dramme. Con buona pace di tutti coloro che, con me1 non approvano l'abbondanza deile riduzioni, mettiamo l'animo tranquillo, non vale discutere ancora, già son discorsi divenuti vecchi e che non hanno frut.• tato, Rimane, però, il seguito della polemica, per diHusione non guasta nè maligna come quelJa dei foruncoli, ma sinora non è ,:natura, ha un corso lento, piuttosto nascosta, e t!hi vuole intendere l'avverte Ira le righe: qualcuno nel giudicare «La. bella addormentatn• di Chiarini ha detto ch'era diversa del• la fiaba colorata di Rosso di San Secondo, e nel recensire benevolmente il film •Noi ,·ivi• il critico ha quasi rimproverato ad Alessandrini d'essere rimasto troppo ligio al romanzo di Ayn Rand. La questione, non nuova, ma io altro forma presentata come un vestito usato, è definita elegante. La fedeltà oJ testo piace ,nl pubblico e dispiace ai critièi più esperti per i quali, nel senso cinematografico, la fedeltà è consi<lerata quasi una virtù negativo e come una pigrizia mentale. Giudicando con tale criterio, Chiarini ha dimostrato una fantasia inventivo e creatrice, mentre Alessandrini ho Iatto soltanto il suo mestiere di regista, scrupoloso e pedante: dieci con lode al primo, e appena la classifica di suIIicicntc all'altro. Il pubblico ha diversa maniera di pensare: il lilm dev'essere come il roananzo. Ogni mutmn.eoto, il pubblico lo sente quale una delusione. Per istinto, anche nel cinematogrnio teme il nuovo di GASTONE TOSCHI che lo disorienta. t ahib.lato dalla lettura a considerare tonti personaggi, a conoscere tali situazioni, o sapere quel finale, e si rallegra nel veder ripetere sullo schermo la figurazione che aveva immaginata. Pretende l'esatto ricostruzione visivo del ricordo, che ha,, del romanzo; e jn ogni altro !caso il più lieve e necessario arbitrio cinematogrofko gli appare come un tradimento fatto al libro, e quasi un offesa alla sua memoria del racconto. Si chiama ingannato c..uando, sotto l'eguale titolo, non ritr0\'a anche tutto il romanzo. Di solito ne vi~ile, allora, un equivoco sul valore del film, come se la delicienu o la mancanza d'un personaggio fosse una deficienza nell'opera del regista. Il pubblico dice brutto un film, ossia incompiuto, quand'è dissimile dal ~sto. Lieve sarebbe la fatica, e scarso il merito, del regista che dovesse soltanto illustrare il romanzo. Tutti sarebbero capaci di trarre fuori, con ordine e prudenza, i personaggi dal vo• lume, e d'accorciarli nella medesima successione di episodi \>cr lo s_chenno, e non è detto che qua che regista segua un metodo diverso. Ma da quei pochi registi a c.'1.lj va la stima dei giovani pret.endiamo il conforto e la speranza della fantosin, anche se questa dispiaccio al pubblico, e poichè d,ispince :d~;aarl!ub:!e r1oci:e: 8 .insistere, per L'arbitrio cinematografico dà fastidio quando nel film manca l'idea ddl, romanzo che sarebbe stato solamente un pretesto per invitar la gente e spettacolo con un titolo già conosciuto. Ogni narrazione, per quanto complessa sia, risulta costituita da tante situazioni più o meno fondamentali che reggono tutto quanto l'intreccio, ciascuno delle quali, ben considerata a Iondo, escissa dagli episodi conseguenti, ischeletrite., può essere ridotta a poche lin~ ricondotto all'originale ispirazione come venne in mente all'autore. Il lettore, che bada solamente ai fatti, vuoi giungere presto alla con• elusione, il riduttore invece, risale all'i• nizio, alla concezione del romanzo, alla prima ispirazione dell'autore, e, per un momento, si mette nello 6tato d'aJUmo dell'autore per ottenere dal punto di vista di lui la stessa visione piena del• l'opera. . Sarebbe, questa, la maniera buona d1 comprendere quel povero autore, che la maggior parte dei registi non ha mai capito o dimenticata subito n~ corso del lavoro: una conoscenza 10 ispirito, l'immerlesimazione, in un attimo, di due personalità diverse che abbiano prima di separarsi nell'epressione d;U'opera, però lo stesso sentimento e criterio di quell'opera 1 il senso di essa inteso in comunione d'idee. E verrà poi, senza fatica, quasi per idea affine, In precisa RJl).bientazione e l'identit.ù intima dei personaggi, anche se i fatti oppariranno diversi, mo non contano tanto; chè, quei registi che rifanno i fntti solamente d'un romanzo, in grosso modo, mi scmbranQ pari a quei rustici mercanti che, vedendo un bel palazzo e volendo fnr1.o a _son:,iglianza con lo stesso materiale dt pietra rar~ o di marmo pregiato. ma senza studio di stile e d'armonia, s'accontentano in\'cce d'una rude e informe costruzione. Però, beati ignoranti, si sti• mano ingegnos.i e ne menano gran ,·anto. . CASTONE TOSCBI

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