Pattuglia - anno II - n. 1 - novembre 1942

EHFAHTTERRIBLE ft I deve scusare il paziente lettore se sono ricorso a du~ p~ole straniere - e proprJO di questi tempi in cui ogni vocabolo straniero è messo al bando, a costo anche di adoperare quelli nuovi dovuti aJ discutibile gusto dc!J'Accadcmia - per cercare <li dctinirc nei suoi limiti estetico-morali il dirc~tore. del « nostro maggior fo. gl10 cmc.matogra!ico » (l'Ojett.i sul Corriere), del giornale di cinema e più dirtuso e letto :io (Il llartolozzi su Quadrivio). Sono sicuro che adesso Mino Doletti non me ne vorrà, dopo questo iniziale pezzo d1inbonimento per PUm, anche se sarò costretto in seguito ad usare, ~ci suoi riguardi, termini meno gentili ed interessati di que}lj dei sopracitati cd ilJustrissimi colleghi. Ma questa volta l'enfant ler rible del mondo cinematografico nazionale ha proprio esagerato: e dire che dovrebbe sapere che tutte le esagerazioni sono pericolose quando si vive sull'equivoco di una cuh-ura cinematografica solament.e esteriore e per molte ragioni (anche plausibilissime, d~l re~to) insufficiente; e che ogni passo lalso può scoprire quelle manchevolezze [ino al momento tenute nascoste con un blu/ necessario per salvaguardia e decoro personale. <mes~a, costruttiva, sfocera, coraggiosa - cd un cinema mediocre, minore, notarile o siderurgico, come lui scrive, un cinema al cui successo è foutile e dannoso collaborare. t questo il cinema degli utrici di pubblicità, è il cinema dei settimanali per la grande massa che si tenta di ammaestrare al • tutto va bene, signorn la marchesa». t.:_ il .~incma di Doletti, o meglio d1 film, quello che si nvvalc dcj nnu~eanti « grandiso ». « ioimitabifo », • eccezionale • della incompetente critica dei quotidianj, dello infarinatura estetica e . della malafede di tutti i po• tr1ottardj n stipendio fisso men• tSile: è il cinema che hn accumulato tutti gH aggettivi roboanti, che per dare segni di vita è costretto a rivolgersi 11 Doletti, il <1uale nd menzionato cinema ha appunto la !unzione dell'en- /an.t terrible, di fustigatore di un costume che non esiste e non è valido per gli onesti. Ah1 Doletti! Scommetto che il caro collega, per avere scritto due pezzulli, a ripetizione per qualche settimana, suJ •commendatore non è in ufficio», su • ancora BUdapest », dopo avere fatto l'imbonitore ut.riciale di tutte le pe)Hcole fallite e scritto il dialogo di qualche film giustamente fischiato, scommetto, insomma, che, ora Doletti si sente il benemerito numero uno della nostra cinematografia e che aspira a qualche ricompensa ufficiale. (0 c'è già stata, cavaliere?) Non riesco a capire come 110n ci si sia ancora convinti che Ja più efficace azione per il cinema italiano l ,o è quella di ~!~~:~refru~= i-·,~~~onil1e::; speculazione, ma di rn:ro.1.'gere con violenza, di stroncare le presunzioni, io buona o malalede che siano. Chi non ricorda coo amarezza a quali estremj si è portata la nostra critica militante, quella che dal giornale a grande t;rntura <lo"rebbe cducMe il pubblico, durante la receute mostra di Vcnczb? Di fronte ad una sequela di film mediocri, sbagHati, non degni della nostra civiltà artisHca, abbiamo assistilo ad una quoti<lianu voci!ernzione di lodi, d1 incensature I-lo visto 1 in questi g:iol'- ni, Alfa Tau, Bengasi, Le vie del cuore. Agli autori di questi film non sarebbe st.1ta più utile una critica serena, precisa piuttosto che gli elogi sperticati ed insinceri - chè se dovessi pensarli sinceri dovrei dubitare dell' intelligenza, anche minima, di quasi tutta la critica a Venezia - elogi ammaestra1i 1 indirizzati? Perchè insistere e !arsi belli di una quantità, quando siamo costretti ad accorgerci che questa quantità viene a scap;to della qualità? Mi accorgo che il djsc-orso intrappreso sta portandomi oltre i limiti imposti da questa mia noticina su Dolettj, su l'en/ant terrible - altra definizione non esiste del direttore di Film - del cattivo cinema italiano. Ma il tempo propizio agli enfant terrible è ormai tramontato come l'epoca • felice » delle • car• toline del pubbHco ». Ma non vorrei che le intempestive parole di Doletti Cossero causate da un fatto che con insistenza mi si è !affacciato alla mente: dal fatto cioè che non FERNIEN"TI ::ii:o ar:s::ru di n~~~~~·-e e~; Doletti sia proprio convinto di ouesu. sua «eccellenza» cine- .riiatografica, che, neppure in certi momenti di intima. sincerità, non si sia accorto coraggiosa• mente che quello che 1a e che scrive è troppo interessato, sia pure • nobilmente • camuilato, per essere una cosa seriu? Voglio terminare queste mie righe, scritte affrettatamente mentre il giornale è in macchina (o «poetica» della tipografia inaugurata con qualche decennio di ritardo proprio da Film e dai suoi redattori, o romanticismo delle notti insonni e dei classici e mcnabò » che hanno stupito più dj un raga~zo ingenuo), jovitando Mino . ~aletti al nostro numero: mv1to che spero, con il suo spregiudicato ed elegante savoir faire Doletti non vorrà certamente declinare. (E mi scusi nuovament.e il lettore se sono stato costretto, durante questa mia lunga chine• chierata, a tirare in ballo certe espressioni non certo italiane. L/ho fotto per due motivi: 1) perchè Doletti mi possa, secondo l'uso polemico del suo settimanale, tacciare di poca italianità nel tentativo di chiudermi la bocca almeno in que• sto modo; 2) perchè nonostante le molteplici aifcnnazioni di patriottismo ad ogni costo e di italianità sfegatata Film non la nitro che chiamarmi alla memoria certi giornali dj varietà certamente poco italiani perchè scritti in altra lingua e stampati in città le quali anche,,. geograficamente sono lontane da noi.. j WALTER RONCHT _ J!!.I!'..:!!. gioranza corromp:- i! :;u) prvblema, si gelta al pseudoideale dell'idealismo, si fa controriformista. I ruminantj• del classicismo e i finti evangelici tridentini puntano su Torquato Tasso la loro carta antiluterana. E da Aminta al Pastor Fidus, comincia la decadenza verso l'A1·cadiu, che ci porta dall'Umànesimo al Monti. Gli scrittori \'UOti di filosofia e di moro- 1:, di patt.riottjsmo e cli fede, agitano i bandicroni delle grosse parole; hnnno paura del pensiero e della verità, e scivo .. Inno nella musica, che in loro è suprema e non sublime menzo• gm1. Una musica che, tuttavia, non abbandona neppure In teologia o il grammaticalismo della prosa. Già i concettini del Tasso sono stati • scherzi • e melodie; giù le strofe del Saonazzaro son state sinfonie, quando lo Zeno e il Trapassi accettano in pieno il compromesso, e diluiscono reciprocamente parole e « ariette •· C'è già, ahimè, l'annunzio del «Bai• lo in Maschera » e del • Nerone ». Una umanità digiuna di ideali profondi e nuda di sofferte esperienze dl cultura, si aggrappa disperatamente all'enfasi. Una enfasi che nasconde irrimediabilmente il \'Uoto (e che non è morta con il Verdi Si è stupito Doletti, e la sua cara, virginale semplicità, tutta pudicizia. e tutto stuporoso candore, mi ha dolcemente e teneramente colpito, dcli' invito di « Pattuglia » ad un cinema cinematografico. E con quell'aria di fine ironista. che tanto risente dei lontani tempi in cui egli rapriva i fuorisacco da Stradella al tavolo redazionale del Carlino e scriveva i profili delle • st.elle • internazionali, parla garbatamente di cinema teatrale, siderurgico, notarile, ecc. Sj ~tupisce, il nostro cnro e liliale enfant terrible, che qualcuno abbia potuto, dopo le continue recenti prove dei nostri e non solo nostri cinematografari, sentirsi in dovere dj un tempestivo e categorico invito alle immagini, nel tentativo dj contribuire alla rjsoluzfone dj una situazione in cui purtroppo l'u• nitù inscindibile del cinemntogralo è forzata in una suddivisione eriettiva di generi e di tendenze: cattive, dannose, inutili tendenze. Ma io non· voglio qui anticipare un argomento che ve<lr,ì ampia e volonterosa trattazione nel nostro numero cinematografico, tanto più che questo tema non ha niente di mfrabolante, ma che come tale, vero ccl indiscutibile, è sentito e sofferto da tutti coloro che pensano ul cinemn non come ad una impresa di costruzioni o ad un nuovo modo di investire vantaggiosamente il proprio capitale. ~nv,n,o DIF[llllI[L ffl[ LODlllllll7ffli e neppure col D'Annunzio). l grassoni innamorati e le vecchiotte triUanti sono i figli del Regolo di • non è vero che sia la morte, il peggior di tutti i mnlì • i i germani del « Paggio Fernando, perché non favelli?»; i maggiori di Andrea Sperelli e di Carmine GaJlone. MI preme- solo di sottolineare che il nostro numero non sarà, nè ,•uolc essere, una enciclopedia degli scrittori cinematografici italiani, ma solo una rassegna onesta e nostra dei problemi che sentiamo urgenti al nostro spirito; che, noi, Aristarco cd io, con l'inc,ito alle immagini non pret.endiamo di presentare il trattato di una nuova estetica, ma solamente una rassegna di argomenti essenziali e a questa rassegna abbiamo jnvitato a collaborare coloro che crediamo a noi più vicini, che sentiamo più vicini. Mi preme rfoordare però a Doletti - ma credo che anche lui, sia pure con un po' di fatica, se ne sarà una buona volta accorto - che il cinema non è quello di Film, che il cinema non sono gli aggettivi di Dc foo o di Falconi, le incensature di De Stefani o di Sa• razani. Esiste infatti un cinema puro, un cinema cinematografico - ed assieme ad esso una criticu S l sa che l'agonia del tea~ tro lirico angoscia i sonni dei nostri borghesi. Quando diciamo borghesi, parliamo dei dannunzianj, dei retori, dei [j. listei. Per costoro, si tratta dj un problema inspiegabile, e li odi a sentenziare che la musico è morta ormai che non c'è più opere nuove; e <1ualchc furbo arriva ad accusarne le democrazie, o i dittatori. Ci sono i Milton del paradiso in cui il poeta ufficiale era Francesco Maria Piave, la uri la ~1alibran e il profeta Ruggero Leoncavallo. I giovani invece, sono feroci nemici del teatro lirico. Lo trovano ridicolo e pietoso, e, per la precisione, così lontano dalla lirica musicaJe come daUa lirica poetica. Non lo rimpiangono alfatto e si dichforano •fieri di aver contribuito a seppellirlo. ll melodramma in cui c'è sempre qualcosa di più, le parole .o i suoni, e comunque i gesti •- non è nei gusti della generazione che è passa~ da Wagner, attraverso lbsen e Pirandello, a Eugenio 0' Neill. Una ganerazione scarnita, diremo (quan,.. do è scarnita) fino alla radice; esasperata (quando è esa:sperata) ad una esigenza dj sincerità /orse in nessun ::empo cosi acuta. E sembrava pacifico ehe di melodrammi, tra gente seria, non si parlasse più, come non si parla della poetica di Guido Da Verona o della lirica di Filippo Tommaso. Su questo appunto meditavamo, quando ci è tornato alla memoria un drtiFol31dazione Ruffilli - Forlì colo, che mesi or sono Alberto Savinio lanciò su Oggi (ci pare), a proposito della crisi del melodramma. Snvinio è uno scrittore ori• ginale e tagliente, ma questa volta ci è parso barocco al modo di Irene Brin, per non scomodare le Ridicole di Molière. Savinio sostiene con disinvoltura che a denigrare il melodramma sarebbero proprio i borghesi, che non comprenderebbero quanto lirica e trasfigurata sia - in antitesi col loro piatto verismo - l'immagine canora di un ridicolo grassone che sproloqui per ore simulando selvaggiamente un grazioso satiretto o un romantico poeta. Insomma, faceva rientrare, arbitrariamente, il • genere :.o melodrammatico in quelJe bizzarie metafisiche di cui è esempio Siepe a nord - ovest, dell' Accademfoo Bontempelli. E pretendeva, ancora più arbitrariamente, di attribuire a bizzar~ rie della specie bontempelliana un vélore poetico assoluto, quando ne hanno appena uno relativo ed esiguo (ma in verità, soltanto uno polemfoo). Il geniale fratello di De Chirico vuole ignorare le ragioni e le origini storiche del melodramma, che. ha condotto alle ultime espressioni verdiane. (Si intende che Riccardo Wagner è fuori da accuse di • non poesia », e çhe dopo Verdi non si sono avuti che epigoni a valore frammentario; o spietate reazioni lontane jntrinsecamente dall'ibridismo ottocentesco). Il melodramma si origina dalla e.risi spìrituale i cui primi segni si avvertono nel pathos di Francesco Petrarca, il dramma fra l'uomo medioevale della trascendenza metafisica e l'uomo moderno dell'immanenza realistica. Come nel Petrarca, il dissid.io nello spirito degli italiani non si è mai più placato. C'è una parte del.la storia d'Italia che chiarjsce il suo dilemma con energia: uomini così, che hanno deciso, si chfamano Machiavelli, Bruno, Vico, Goldoni, Cavour. Ma la grande magt: una diserzione e Savioio la scambia per un'evasione. e un compromesso e Savinio lo prende per una sintesi. (Quando non c'è, nel melodramma, neppure la coscienza del grottesco, che riscatterebbe una cifra poetòca). E sono proprio i borghesj - dannunziani, retori, filistei - gli ultimi innamorati sospirosi del melodramma. Essi che furono sempre chiusi, per definizione, a tentazioni non dico musicali o letterarie, ma umane. AN"I'ONIO G/1/JIELLT TEATRO 11 PATTUCLIA,, ========= DI Escono In novembre: RITORNDOI SOLITUDINE Tre atti di BENIAMINO IOPPOLO con una nota di PAOL6 GRASSJ PECCATO RIGINALE Tre atti di GILBERTO LOVERSO con una nota dcll"AUTORE Esce In dicembre: DUE ATTI UN ICI di GIANNI TESTORI con una nota di WALTER RONCHI Esce In gennaio: O R F E o d i EAN COCTEAU nota d; GIORGIO STREHLER Edizioni numerate di 299 copie. Inviare prenotazioni e a PATTUGLIA - Sede Littoria, Forlì - Ogni Volume L. 8

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